Home Editoriale Tra salari indegni e voglia di tenersi tutti buoni, muore la carta stampata locale
Tra salari indegni e voglia di tenersi tutti buoni, muore la carta stampata locale
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Tra salari indegni e voglia di tenersi tutti buoni, muore la carta stampata locale

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Di seguito ci sembra utile riportare un passaggio illuminato dell’uscente direttore del Quotidiano di Puglia, Claudio Scamardella. Bellissime parole che però i quotidiani locali (oramai quasi tutti) faticano parecchio a mettere in pratica, vuoi per quell’esigenza di fingersi morti per non inimicarsi nessuno, vuoi per i salari indegni che non incentivano certo ad un costante impegno, vuoi per l’ansia di tediare il lettore (perché ormai non legge nessuno, è il retropensiero). Questo porta erroneamente a proporgli un prodotto senza un minimo di serio approfondimento, magari con un registro linguistico accessibile, quindi banale, di fatto annullando la funzione dei giornali di trasferire al lettore qualcosa che non sapeva. Di fatto venendo meno, dunque, alla funzione di lievito della società. La gente non legge, è vero, ma i quotidiani locali fanno di tutto per non farsi leggere.

 

“C’è chi ha scritto, già qualche secolo fa e a ragion veduta, che il buon giornale è innanzitutto quello che non si limita a parlare di ciò che è accaduto il giorno prima, non si ferma all’informazione sulle cose, ma tende a spiegarne il senso e a cogliere la direzione del tempo. È stato anche detto che fare un buon giornale è come costruire un ponte dove far scorrere, oltre alle notizie, idee e progetti, far incontrare e dialogare competenze, raccontare e produrre emozioni e sentimenti della (e nella) comunità a cui rivolge. Per un giornale di territorio, la cui fattura quotidiana per tanti aspetti è molto più difficile di quella dei giornali nazionali, quel ponte diventa ancor di più un’opera speciale, determinante, un’infrastruttura immateriale per mettere in comunicazione segmenti società, l’alto e il basso, gli integrati e gli emarginati, con l’ambizione non solo di informare ma anche di formare un’opinione pubblica, tenendo assieme il tessuto connettivo della comunità”.