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Caso Floyd: “Chi scrive la storia?”
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Caso Floyd: “Chi scrive la storia?”

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Il dibattito globalizzato (come il Covid-19) su razzismo, colonialismo, schiavismo, ci presenta un groviglio di questioni etiche, storiografiche, politiche.

Sappiamo che etica e storia sono piuttosto delicate da maneggiare e che le discussioni finiscono il più delle volte in vicoli ciechi, impattate da domande del tipo: “Esistono principi morali universali?” o “Chi è che scrive la storia?”. Mi limito ad un paio di esempi.

La civiltà di un popolo la si misura sul modo in cui trattano le bambine (come quella acquistata dall’ufficiale coloniale Indro Montanelli); ma come la mettiamo con l’infibulazione praticata regolarmente in tutte le comunità islamiche, anche immigrate nei paesi di tradizione kantiana? Oppure, l’eredità fascista nell’Italia del dopoguerra: una parentesi per Il Corsera del dopo 25 luglio, redenzione ad opera della Resistenza, partita chiusa dall’amnistia togliattiana, oppure (convinzione cui sono giunti storici attenti alla lezione psicoanalitica) trasmissione transgenerazionale di un trauma non elaborato?

Questioni difficili, quindi. La mia ipotesi è che tutto sommato sia più gestibile un punto di vista politico, chiaro e abbastanza immune da pretese oggettivistiche e universalistiche.

In tal senso mi pare interessante chiedersi come siamo arrivati da George Floyd a Indro Montanelli, passando per l’eroe indiscusso della Seconda guerra mondiale Winston Churchill.

L’ennesimo atto di discriminazione compiuto dalla polizia non solo nelle città in cui l’eredità segregazionista è ancora viva (tra infiltrazioni dei suprematisti bianchi o addirittura del KKK) ma anche in quelle a sicura guida democratica (si veda lo scontro tra Andrew Cuomo e Bill de Blasio sul comportamento dei poliziotti di NYC), evidenzia un fenomeno reale e gravissimo: quando il “soggetto” è un nero, l’atteggiamento della polizia è quello che si applica senza esitazioni a criminali pericolosi.

Lo scivolamento dal razzismo della polizia all’iconoclastia anticolonialistica segnala uno scarto sociologico (da esplorare nelle sue dinamiche sotterranee) che ha spostato l’asse dalle comunità marginali afroamericane ad una sorta di patriottismo sovranista che ha avuto la sua prima espressione nella ricorrenza dei 500 anni dalla scoperta dell’America. La trasposizione delle critiche in UK, al di là di una tendenza ormai consolidata anche alla globalizzazione delle campagne di opinione (si pensi ai Fridays for future), ha investito il passato coloniale della Gran Bretagna (non a caso rivendicato da Sir Winston nel famoso discorso sulle spiagge e sulle colline).

Il fatto che Churchill fosse indubitabilmente un po’ razzista (una sorta di suprematista britannico alla Rudyard Kipling) costituisce forse una chiave di collegamento più chiaro con l’imbrattamento non solo statuario ma anche biografico della figura del giornalista gambizzato dalle BR ai Giardini pubblici di Milano.

Condannare Montanelli per il suo comportamento evidentemente inaccettabile (con gli occhi di oggi, naturalmente e non con quelli di un’Italia orgogliosamente imperiale e civilizzatrice degli anni del consenso di massa, cfr. Renzo De Felice), chiedendone una scomunica ufficiale, che significato politico ha nella Milano di oggi? Questa mi sembra la questione politica, tra lockdown ancora sostanzialmente in atto nella Gran Milano post-Expo, imminente crisi economica non al riparo da fenomeni di protesta sociale delle categorie più colpite (perché meno protette), e prossime elezioni amministrative…

Montanelli è stato un personaggio divisivo, pienamente rappresentata, nonostante il suo scarto antiberlusconiano degli ultimi anni, dai sindaci di Forza Italia.

Attaccare Montanelli che significato politico-elettorale assume? Di rinsaldare una sinistra peraltro molto frastagliata?

È così difficile pensare invece che Indro Montanelli sia espressione di una Milano capace (cosa rara nell’Italia delle contrade) di uno standing bypartisan (come è da sempre il Famedio e nei fatti realizzato dalle ultime quattro sindacature che hanno prodotto la Milano locomotiva d’Italia, la cui spinta propulsiva è tutt’altro che da considerarsi esaurita, purché a crisi governata e superata)?

Per questo, la statua dovrebbe essere prontamente ripulita (se ciò non è stato ancora fatto) e l’episodio considerato uno sgradevole incidente di percorso. Ne abbiamo di cose su cui sostenere l’azione del nostro Sindaco e di un’amministrazione che dovrà saper far fronte ad un futuro prossimo per niente tranquillizzante.

Francesco Caroli