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Il “Governo delle Colombe”, il ritorno del compromesso e il dilemma del centro
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Il “Governo delle Colombe”, il ritorno del compromesso e il dilemma del centro

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Si tende a raccontare la politica come uno scontro tra idee, tra chi vorrebbe le ciclabili al posto delle automobili e viceversa, tra coloro che si battono per il garantismo e chi per il giustizialismo e, come in questi giorni, tra gli aperturisti e i chiusuristi, con Matteo Salvini che è riuscito persino a smarcarsi dalla maggioranza di cui è sostenitore per accontentare un potenziale bacino di elettori. Ma in realtà, la politica è qualcosa di più di una lotta tra schieramenti per accaparrarsi voti, essa è prima di tutto l’arte del dialogo e quindi del compromesso.

Ed effettivamente è sufficiente ritornare alla culla della democrazia occidentale, all’Atene della polis, dove la retorica era un’arte essenziale tanto dei politici quanto dei filosofi. Eppure oggi, quest’idea, di un’arena animata dalle sole argomentazioni, ha lasciato il posto agli slogan e ad accampamenti stabili sull’Aventino, ben esemplificati dal Conte uno e bis, dove a colpi Dpcm si cercò di nascondere la fragilità nell’accettare posizioni diverse dalle proprie. Una strategia questa, che ha inevitabilmente frantumato, per ben due volte, la maggioranza, incapace di registrare i consigli dei propri parlamentari, ed anche l’Italia stessa, sempre più disillusa e amareggiata dalla sua classe dirigente.

Ed è per questo che anche adesso, a pochi mesi della nascita del governo Draghi, c’è chi vorrebbe certificare la morte della politica, di quella sede di confronto tra le parti che poneva al centro di tutto il compromesso. Un termine, questo, che ha ormai smarrito il suo significato originario, per diventare sinonimo di decadimento morale, dello scendere a patti col nemico per interessi di partito o personali. Una sostituzione etimologica talmente diffusa da essere stata tra le forze promotrici, ed oggi croce dei 5Stelle, i primi a far saltare il tavolo di confronto col Pd di Bersani e oggi primi sostenitori del sistema proporzionale e delle sue conseguenti alleanze. Ed è in queste due fasi del partito pentastellato che si può scorgere l’accettazione delle regole della politica, di quell’intravedere il buono, il punto d’incontro, anche nelle posizioni altrui, quelle stesse sbeffeggiate e aggredite solo per accaparrare voti.

Ed oggi questo rinsavire dei duri e puri, che non riguarda più solo i 5Stelle, ma anche la Lega stessa, con il suo appoggio ballerino a Draghi sembra abbandonare il ritorno alla Lira, la flat tax e persino l’atavica distinzione tra Nord produttivo e Sud ladrone, lasciano così riemergere, seppur a tratti, la Politica, con la P maiuscola, e con essa il compromesso su cui si fonda o almeno questa tendenza e quella che si spera sia in atto. Già, perché la demagogia a cui assistiamo oggi, seppur in quantità minore rispetto al passato, in cui si danno i voti ad un Governo di cui si criticano le scelte, sembrerebbe, e i sondaggi lo confermano, una prassi anacronistica e non più efficace dal punto di vista dell’aumento del consenso.

Al contrario, il lavorio quotidiano, sobrio e silenzioso premia la Politica. D’altro canto, l’equilibrio e il compromesso stesso sono ben diversi da un canonico “do ut des”, a cui avevamo pericolosamente assistito negli ultimi anni, in cui si mercanteggia ogni partita senza mai entrare nel contenuto del dibattito, ma ritagliandosi piuttosto solo il proprio tornaconto partitico; ben esemplificato dalla conferenza stampa in cui Conte e Di Maio stringono il cartello con su scritto reddito di cittadinanza e quota cento, mentre Salvini riporta solo quest’ultima.

Scene di questo squallore dovrebbero restare nel passato perché il compromesso politico, invece, si basa su un’altra idea: quella di abbandonare l’ascia di guerra per poter così intavolare il negoziato con l’ausilio della testa e delle idee concrete da essa prodotte. Occorre quindi lasciare a casa lo slogan “io vinco, tu perdi”, per inquadrare il confronto politico sotto una nuova prospettiva: “qual è la tua proposta e quali sono le argomentazioni che la sostengono?” Piuttosto di: “chi sei e qual è il tuo partito?” D’altro canto Mattarella stesso aveva esortato i “Costruttori” a tornare protagonisti, determinando così la chiusura della stagione degli ultrà della propaganda, insomma dei Falchi della politica. E lo stesso Draghi, con il suo Governo, si è fatto portavoce delle indicazioni del Quirinale, scommettendo sull’affermazione di un nuovo metodo di fare politica, ben più moderato rispetto al precedente. Le scelte per i componenti della squadra di Draghi, infatti, dimostrano che oltre alla competenza è necessaria la capacità di mediare; assai diffusa tra i vari profili oggi presenti al governo. Grazie ad essa è inoltre possibile riconoscere gli avversari e optare per quel pragmatismo, tipico di una specifica categoria di politici: le cosidette “Colombe”. D’altronde, dopo anni di slogan, insulti, delegittimazioni dell’avversario e nel momento più difficile per l’Italia dal secondo dopo guerra, non può essere visto come casuale il ritorno da protagonista delle colombe, dei costruttori del compromesso nel senso più autentico del termine e quindi della Politica. Di quella mediazione presente anche nelle radici della cultura occidentale del Cristianesimo, che invitano ad aver coraggio nel far del bene, anche quando esso sembra rafforzare i propri avversari.

Francesco Caroli