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Scienze biomedicali: il nuovo made in Italy di successo
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Scienze biomedicali: il nuovo made in Italy di successo

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La pandemia, coi suoi continui lockdown più o meno intensi, ha stravolto le nostre vite, l’economia e con esse l’agenda delle nostre città. Basti pensare che solo due anni fa sarebbe stato folle immaginare una Milano senza il Salone, che di solito si svolgeva in questo periodo, o la Fashion Week coi suoi numerosi eventi per le vie della città. Sarebbe un po’ come privare il Louvre della Gioconda e della sua piramide. Eppure anche in questa situazione si sono aperte nuove strade e con esse una stagione di rinnovamento.
D’altronde, la necessità di privarci di grandi eventi del passato, contraddistinti dalle code interminabili ai mezzi pubblici, alberghi pieni e una folta movida pronta a festeggiare (e fatturare) h24, ha imposto il venir meno di uno dei lati più stravaganti, e allo stesso tempo più creativi, di Milano. Ma il fatto stesso che la città sia stata costretta a privarsi delle sue kermesse internazionali rende oggi visibili altre gemme nascoste. Dopo tutto l’Italia intera vede in Milano la capitale sì di moda e design, ma la identifica anche come la Mecca dell’innovazione, della tecnologia e delle relazioni, che nel loro mescolarsi vorticoso producono quel terreno fertile necessario per aprirsi al futuro.
Ed è per questo che è oggi possibile scorgere nel settore biomedicale la gemma più promettente di Milano. Germogliata nei centri dell’eccellenza della città, l’unica ad accogliere ben 8 università e 7 accademie, che da sempre rappresentano una meta importante per la formazione dei giovani italiani e recentemente anche di brillanti studiosi da ogni parte del mondo, che trovano nella città meneghina un punto di riferimento, e un brand, che certifica la qualità della loro formazione. Perché studiare a Milano ha da sempre rappresentato una garanzia e un valore in sé. E a queste peculiarità, recentemente si è aggiunto l’Human Technopole, che si prefigge l’obiettivo di raccogliere e ospitare le menti migliori del mondo della scienza, che sotto la guida di Marco Simoni hanno finalmente trovato una nuova casa. A breve saranno un centinaio e grazie a loro lo Human Technopole, si ergerà come faro di conoscenza in Europa e che ha sede in uno dei luoghi simbolo della rinascita di Milano: Expo. E l’aspetto interessante, è che questa iniziativa sta realmente riportando in Italia quelle menti che nel Bel Paese si erano formate, ma che negli anni erano dovute emigrare per mancanza di opportunità all’altezza.
Ed affinché lo Human Technopole sia qualcosa di più di un centro dove scienza e industria si incontrano per generare sapere e benessere sociale, è necessario che la città intera, e non lo solo lei, strutturino un’agenda che sappia far risplendere questa gemma. Governo e Regione dovrebbero quindi lavorare per rivedere, finalmente, il codice giuridico, per evitare così il solito e inutile dilatarsi di tempi burocratici per qualsiasi procedura e permettere, invece, alla realtà meneghina di essere appetibile in un contesto internazionale, ma anche e soprattutto per i nuovi progetti imprenditoriali che pullulano nel vecchio continente; e che basano i loro investimenti sui livelli giuridici e burocratici dei Paesi sui quali scommettono. D’altronde, e da sempre, i gruppi industriali hanno bisogno di certezze, mentre il mondo della ricerca necessita di orizzonti temporali abbastanza lunghi da consentire ai frutti migliori di maturare. La tempistica, nonché il panorama giuridico, devono quindi allinearsi ai tempi della ricerca e dell’industria.
È poi necessario prevedere dei piani di coordinamento tra gli istituti superiori e le università, affinché vi sia un match, quanto più perfetto, tra offerta formativa e domanda di lavoro. D’altronde, a Milano, luogo nel quale il concetto di rete è l’essenza stessa della città, questo passaggio dovrebbe già di per sé essere agevolato, anche se, purtroppo, la recente penuria di professionisti in ambito informatico ha dimostrato quanto possa rivelarsi drammatico il fenomeno del mismach delle competenze. Occorre quindi presidiare questa tematica e più in generale tutta la filiera che dalla scuola conduce all’ingresso e sviluppo del mondo dell’eccellenza sanitaria. E, a tal proposito, si potrebbe istituire in città una cabina di regia o una figura di riferimento che diventi punto di collegamento tra i vari protagonisti su questo tema e che segua l’ambito della salute, del comparto biomedico cittadino, con una delega specifica a questo processo e tanto di valutazione circa i risultati attesi. Sarebbe poi utile che si possa interagire con la gestione dei big data dei cittadini e le reti sociali e assistenziali presenti sul territorio.
In questo modo, così com’è stato possibile dare spazio al genio creativo degli stilisti e al savoir-faire dell’alto artigianato, si potrebbe consentire ai ricercatori di affermarsi in campo biomedico: un ambito di sviluppo che sarà sempre più importante nel contesto nazionale ma soprattutto globale. D’altro canto, se tale progetto di sviluppo non si realizzasse a Milano, dove altro potrebbe aver luogo? Certo, c’è sempre il comparto biomedico della zona modenese, che però, trarrebbe solo dei vantaggi dalla vicinanza a una Milano dedita alla scienza della salute e attrattore delle migliori menti del mondo. Si creerebbe così una sinergia capace di collegare tra di loro lo sviluppo e l’industria produttiva nella parte del Paese più avanzato.

E forse, perché no, dopo le innumerevoli stagioni in cui era il life style a certificare il Made In Italy, potrebbe accostarsi a quest’immagine un’altra, che è quella dell’Italia della #scienzabiomedica, la cui capitale sarebbe proprio la nostra Milano.

Francesco Caroli