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Emiliano è il Mazzarò 2.0 di Verga
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Emiliano è il Mazzarò 2.0 di Verga

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BRINDISI – “Emiliano spesso cerca di mettere l’abito buono a cose cattive, cerca cioè di nobilitare politicamente quella pratica poco nobile che si chiama trasformismo. E non si rende conto che così facendo ferisce il centrosinistra, ne sfigura l’anima e il progetto, ne mina la credibilità. Oggi in Regione Puglia è difficile capire cosa sia diventata la politica. Emiliano spesso mette in scena la retorica dell’ascolto ma è pura fiction. La sua azione politica e amministrativa è frutto di improvvisazione, di convenienze del momento, di gusto per il gioco d’azzardo, di dipendenza patologica dai social network: così supplisce a quell’evidente vuoto di progetto per cui non si sa quale sia, al di là del folclore, l’idea di Puglia che propone per il futuro”.

Nichi Vendola, con la sua solita lucidità, nel 2019 ha tratteggiato magistralmente il profilo del personaggio. Emiliano è questa roba qua: prendere o lasciare. È l’eclettico signorotto del feudo pugliese e ama intrallazzare per il gusto di innaffiare il suo ego, il suo potere, da destra a manca.

Così espone lo striscione di benvenuto a Berlusconi da sindaco di Bari; nomina Di Cagno Abbrescia, suo predecessore forzista sulla poltrona di primo cittadino di Bari, come presidente di AqP; supporta il sindaco di Nardò Mellone nonostante le simpatie per CasaPound; precetta il forzista Cassano, integrandolo nella sua maggioranza tramite Puglia Popolare e facendogli dono della carica di direttore generale di Arpal; accoglie in Giunta un ex An come Di Gioia, che durante il suo mandato anticiperà il suo sostegno alla Lega; pranza con il consigliere regionale della Lega Splendido; infine professa simpatia per lo sforzo politico di Salvini, chiedendoci di apprezzarne la visione politica e mettendo l’abito buono a cose cattive. Per l’appunto, il vizio che denunciava Vendola. E da buon “padrone del mucchio”, vorrà continuare a presidiarlo, vorrà affastellare sempre più roba. Perché Emiliano è il Mazzarò 2.0 della novella di Verga “La roba”, il cui unico scopo è possedere tanta terra. Qualcosa di dozzinale, certamente, ma che presuppone il possesso di una mente raffinata.