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Mare Fuori, una carezza ai nostri ragazzi e un insegnamento per gli adulti

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BRINDISI – Come spiegare il successo di Mare Fuori? Intanto credo che abbia avuto l’enorme merito di intercettare e rappresentare i bisogni, i pensieri, le ansie, i sogni dei nostri ragazzi. La frenesia del quotidiano spesso non ci permette di fermarci un attimo e poggiare l’orecchio per terra. Io stesso, fino a venti giorni fa, non avevo la più pallida idea di cosa fosse Mare Fuori. Poi, frequentando il Punto Luce di Save The Children del quartiere Perrino, che si occupa di fornire supporto a bambini e adolescenti a rischio di povertà educativa, sono stato travolto sempre più dalla loro fissazione per Mare Fuori. Una cosa mai vista, sinceramente. Ogni domanda che gli venisse posta aveva come risposta – di sovente completamente slegata dal discorso – qualcosa di attinente a Mare Fuori e ai suoi personaggi.

Così mi sono incuriosito e ho iniziato a vederlo partendo dalla prima stagione. In due settimane ho quasi finito la terza stagione. E devo dire che, seppure la fissazione dei ragazzi per la serie sia a tratti preoccupante, ha ragione di esistere.

Da dove partire? Direi dalle musiche di Lentini e dalla voce di Raiz. Da ascoltare in loop. E già nel ritornello della colonna sonora c’è l’architrave di tutta la serie.

“Nun te preoccupa’ guaglio, c sta o mar for”. Una carezza. Un pungolo a ritrovarsi, sballottati come si è tra libero arbitrio e fato. Una frase di una efficacia pazzesca. Una poesia che con estrema semplicità riesce a trasmettere un messaggio avvolgente. Ogni volta che sento quella frase è come se mi ritrovassi avvolto nella coperta di Linus; chi vive sul mare, d’altronde, sa quanto sia capace di curare e lenire.

Mare Fuori, nelle mille angosce giovanili rappresentate, riesce ad arrivare con un messaggio universalmente rassicurante. Forse perché, attraverso una brillante caratterizzazione dei personaggi, mette sul tavolo le miserie umane, utilizzando come base di partenza narrativa l’abisso sotto il quale non si può andare. Insomma, in qualche modo ci fa sentire in pari o in vantaggio. Il racconto introspettivo, ad onor del vero, non è ben supportato da quello della trama, un po’ grossolana in molti punti. Ma Mare Fuori, in un modo o nell’altro, arriva alla missione: avvolgere il nostro cuore, fornendo ai ragazzi i messaggi giusti per provare a salvarsi. Attraverso il prossimo. Attraverso l’amore, unica strada possibile per restare vivi.

L’intuizione geniale è stata quella di ambientare questo mix esplosivo all’interno di un carcere per minori: una sorta di camera oscura in cui quei pochi raggi solari che riescono a filtrare nelle vite dei protagonisti vengono rielaborati così da ottenerne l’immagine capovolta. Anche grazie all’aiuto degli uomini dello Stato: il padre che quei ragazzi cercano disperatamente o combattono per vendetta di una vita con troppo poco amore.

Andrea Pezzuto