UTIN Perrino, Amati: “Rischio chiusura per rifiuto di strategie energiche, allungando agonia con soluzioni obbligate e incredibili”
BRINDISI – “La sopravvivenza della terapia intensiva neonatale del Perrino è legata a due strategie obbligate, utili ad allungare l’agonia, ma pure incredibili: l’acquisto di prestazioni dal Policlinico e la sospensione dei ricoveri per i casi più gravi. Siamo arrivati a questo punto per carenza dei medici, certamente, ma anche per clamorose disattenzioni gestionali del passato e per la mancata organizzazione del personale sul livello regionale. E nessuno alla Regione ha la voglia di mettere riparo, perché la sanità è purtroppo intesa come un ingranaggio di potere da oliare e non come un rimedio alla malattia da preservare. Vi racconto i fatti e le soluzioni che non si vogliono attuare.”
Lo dichiara il Consigliere regionale Fabiano Amati.
“In queste ore il reparto funziona perché il Commissario della Asl ha deciso, giustamente, di sottoscrivere una convenzione onerosa con il Policlinico di Bari, per ottenere in cambio prestazioni aggiuntive.
In pratica, una risposta d’emergenza per contrastare l’organizzazione del personale nella sanità regionale attraverso otto feudi, ossia le aziende sanitarie, così da innescare un giro di giostra di denaro pubblico, da un’azienda sanitaria all’altra, per remunerare il personale di un unico committente: il sistema sanitario regionale.
Questo rimedio, in ogni caso, non potrà durare a lungo, e perciò mi sembra ragionevole l’idea di limitare i ricoveri ai bambini con più di 34 settimane e con peso maggiore a 2 kg, così da poter utilizzare in prestito anche personale delle pediatrie, ossia con minore esperienza di terapia intensiva, così da garantire i turni notturni e le reperibilità.
Ma se queste sono le toppe, manca da capire come si è prodotto il buco, così da cambiarsi definitivamente l’abito. Premessa la carenza di neonatologi, su cui non si può dire molto se non auspicare mutamenti nei percorsi universitari, l’UTIN di Brindisi dovrebbe avere sulla carta un organico composto da un direttore e 12 medici. In realtà ce ne sono solo 5, oltre al direttore, insufficienti a garantire turni e reperibilità.
Siamo arrivati a questo punto perché in passato sono stati concessi diversi nulla osta alla mobilità infraregionale, ossia da una Asl all’altra, e per il solito sistema dei concorsi aziendali piuttosto che i concorsi unici regionali, così da consentire un aggiramento delle eventuali mobilità negate. Per esempio: chi è in servizio nella Asl Brindisi e volesse il trasferimento alla Asl di Bari, in caso di mancato nulla osta alla mobilità, attende (o spinge) un concorso del Policlinico a cui partecipare e, in caso di vittoria (certa), decide di dimettersi dalla Asl di Brindisi e prendere servizio alla Asl di Bari. Un percorso certamente tortuoso ma con esiti assicurati, sottraendo tuttavia ai malati della Asl di Brindisi l’assistenza e magari ritornando, qualche tempo dopo, a svolgere il servizio nella stessa Asl di Brindisi per coprire il buco e però in forza di una convenzione onerosa a titolo di prestazioni aggiuntive.
In questo consiste il grande problema strutturale in grado di generare seri problemi, in particolare alla Asl di Brindisi.
Nessuno si accorge di un paradosso: l’organizzazione sanitaria disegnata su base regionale e il reclutamento del personale su base provinciale, come se le Asl fossero feudi, quindi abilitate ad accaparrarsi personale anche in danno delle altre Asl, senza che nessuno possa mai emettere un ordine di servizio per garantire la piena funzionalità dei reparti e quindi l’assistenza.
È l’ora, dunque, d’istituire l’azienda unica regionale, almeno per la gestione del personale, l’acquisto di beni e la realizzazione dei lavori; sarebbe questo un provvedimento strutturale in grado d’impedire ciò che sta accadendo al Perrino e che di questo passo potrà accadere ovunque.
Lo faranno? Dubito ma lo auspico.”