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Nell’affare potrebbe rientrare anche la compagnia di stato cinese Cosco
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Nell’affare potrebbe rientrare anche la compagnia di stato cinese Cosco

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BRINDISI – L’affaire che coinvolge il porto di Brindisi e la casa automobilistica asiatica Great Wall Motors potrebbe allargarsi anche alla partecipazione diretta dello Stato cinese. Nell’operazione, infatti, potrebbe rientrare anche China Ocean Shipping Company, meglio nota con l’acronimo Cosco, compagnia di Stato cinese che rappresenta un colosso nei settori delle spedizioni e della logistica. Il ruolo di Cosco sarebbe quello di occuparsi del trasbordo dei veicoli di GWM. Un’attività, questa, che il colosso cinese ha già attivato ad aprile in un altro porto italiano. A Vado Ligure, infatti, nella scorsa primavera è stato sperimentato con successo il trasbordo e l’inoltro da nave madre portacontainer a feeder ro-ro di un carico di 679 auto di produzione cinese. Protagonisti di questo test, che si inserisce in un traffico ormai di fatto consolidato per il trasporto di macchine dall’Estremo Oriente al Sud Europa, sono stati Cosco Shipping e Grimaldi Euromed. Cosco, tra l’altro, negli ultimi tempi sta notevolmente intensificando la propria presenza nei porti europei. Ha acquisito partecipazioni nei porti di Marsaxlokk, Istanbul, Pireo, Bilbao, Valencia, Marsiglia, Nantes, Le Havre, Dunkerque, Anversa, Bruges in Belgio, Rotterdam. Inoltre, Cosco Shipping Ports ha stipulato un accordo per acquisire una quota del 35 per cento del terminal di Amburgo, il porto più grande della Germania e il secondo più grande d’Europa. Lo scorso anno la compagnia cinese provò anche a mettere nel mirino il porto di Palermo, ma l’allora sottosegretario di stato al ministero della Difesa e membro di Forza Italia, Giorgio Mulè, affermò che «il porto di Palermo deve sfuggire alle mire commerciali o espansionistiche cinesi» e che «è essenziale che il porto venga gestito da società italiane».

L’operazione di GWM su Brindisi, invece, pare incontrare i favori del Governo, se è vero che è stata proprio Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa di proprietà del ministero dell’Economia, ad interfacciarsi per prima con gli investitori cinesi ed a fare da ponte con le istituzioni locali.

Va ricordato però un aspetto importante: tutto l’affare è subordinato alle risposte che le istituzioni sapranno offrire rispetto alla richiesta avanzata dalla delegazione cinese di ottenere cento ettari dove sviluppare il progetto legato alle auto elettriche. E al momento, aree pubbliche immediatamente disponibili, non ve ne sono. Le uniche parzialmente bonificate appartengono ai grandi gruppi privati e bisognerebbe procedere con l’esproprio per pubblica utilità, che tuttavia viene riconosciuta di default per gli investimenti ricadenti nella Zes.