Home Cronaca Relazione antimafia, il porto centrale nel contrabbando. I gruppi Brandi e Morleo-Coffa fortemente indeboliti. Affari d’oro su droga e turismo nell’area Carovigno-Ostuni-Fasano
Relazione antimafia, il porto centrale nel contrabbando. I gruppi Brandi e Morleo-Coffa fortemente indeboliti. Affari d’oro su droga e turismo nell’area Carovigno-Ostuni-Fasano
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Relazione antimafia, il porto centrale nel contrabbando. I gruppi Brandi e Morleo-Coffa fortemente indeboliti. Affari d’oro su droga e turismo nell’area Carovigno-Ostuni-Fasano

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BRINDISI – Riportiamo di seguito la relazione della Dia per il primo semestre 2020 relativa alla provincia di Brindisi.

Nel semestre, l’efficace azione di contrasto – preventiva e repressiva – attuata in tutto il circondario brindisino dalle Forze di polizia e dalla magistratura ha ancora una volta contribuito a ridimensionare le capacità militari ed economiche delle storiche consorterie. Perseverano, comunque, le attività criminali dei capi storici della sacra corona unita brindisina che dalle carceri tendono a gestire le dinamiche delittuose attraverso parenti e affiliati in libertà.

Recenti evidenze investigative confermano l’esistenza, nel capoluogo, di molteplici aggregazioni criminali della vecchia guardia che appaiono operare, almeno per il momento, in sintonia tra loro sia in città sia in provincia. I MORLEO continuano a operare nel narcotraffico, mentre il gruppo BRANDI appare ormai fortemente indebolito dall’azione di contrasto degli ultimi anni che ha visto condannare nel giugno 2019 i suoi esponenti con sentenze definitive.

Sempre in città, il gruppo ROMANO-COFFA, attivo nel campo degli stupefacenti, ha subito un duro colpo a seguito di due contestuali operazioni di polizia giudiziaria che hanno visto il coinvolgimento complessivo di n.37 indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti ed estorsione. Entrambe le indagini sono state avviate a seguito di due gravi fatti di sangue commessi a Brindisi, nel 2014 e nel 2017. La prima attività investigativa, denominata “Fidelis” e conclusa dai Carabinieri il 13 febbraio 2020, ha fatto luce su un’articolata organizzazione vicina al clan COFFA dedita al traffico anche internazionale di sostanze stupefacenti. Le indagini hanno permesso di individuare due distinti canali di approvvigionamento di cocaina, uno legato alla criminalità di Oria (BR) l’altro riconducibile a un elemento contiguo al clan COLUCCIA di Noha di Galatina (LE). Quest’ultimo clan risulta anche fra gli indagati dell’inchiesta “Re Mida” che, nel maggio 2019, aveva condotto all’arresto di n.18 persone tra Lazio e Calabria. Nell’ambito dell’attività investigativa era emerso come il predetto gruppo fosse il principale e sistematico fornitore di ingenti partite di sostanze stupefacenti a favore di un sodalizio emergente nel panorama criminale romano.

Il tessuto malavitoso esplorato nell’inchiesta “Fidelis” ha peraltro cristallizzato il ruolo svolto dalle donne colpite dal provvedimento restrittivo che hanno dimostrato di essere in grado di gestire le attività illecite durante l’assenza dei congiunti reclusi.

La seconda operazione, denominata “Synedrium”, conclusa dai Carabinieri lo stesso febbraio 2020, ha consentito di far luce su un’associazione di tipo mafioso “connotata da forte carica d’intimidazione e dalla fama criminale” riconducibile alla consorteria ROMANO-COFFA. La stessa si finanziava attraverso le attività estorsive in danno di vari imprenditori e commercianti del posto nonché mediante il traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti. Anche in tale contesto investigativo è da evidenziare il ruolo svolto dalle donne per l’apporto fornito alla vita del sodalizio e allo svolgimento delle attività illecite nonché il ruolo apicale rivestito dal boss del sodalizio ROMANO, mantenuto sia durante la latitanza che dopo il suo arresto.

Esplicativa della spiccata caratura criminale è la frase con la quale quest’ultimo autorizzava i sodali ad agire: “il resto fate voi avete il mio via”. L’indagine condotta sull’associazione di tipo mafioso ha consentito, del resto, di accertare il possesso e la disponibilità di armi da fuoco di vario genere.

Parimenti pacifica sembra ancora essere la convivenza, in provincia, tra il clan dei cd. Mesagnesi, rappresentato dai VITALE-PASIMENI-VICIENTINO radicato a Mesagne ma attivo in molti comuni tra i quali Carovigno e l’intero circondario brindisino attraverso numerosi referenti territoriali, ed il clan dei tuturanesi BUCCARELLA, che annovera esponenti di vertice dei CAMPANA di Mesagne e dei BRUNO di Torre Santa Susanna storicamente alleati. In tale ambito, per meglio comprendere i nuovi equilibri dell’area nonché, e di riflesso, le dinamiche criminali della provincia, una particolare attenzione dovrà essere rivolta agli esiti investigativi dell’inchiesta “Old generation” conclusa dalla Polizia di Stato il 25 settembre 2020 che ha disarticolato la frangia tuturanese della sacra corona unita facente capo ai boss CAMPANA e DONATIELLO (quest’ultimo recentemente scarcerato e divenuto referente diretto del primo) ritenuti capi del sodalizio. L’inchiesta sarà approfondita nella pubblicazione della prossima Relazione Semestrale.

Proseguendo nella mappatura geo criminale sembrerebbe evidenziarsi a nord della provincia brindisina una zona che, pur risentendo delle influenze della criminalità barese, riesce a ritagliarsi ampi spazi di autonomia. Favoriti dalla collocazione geografica i gruppi criminali attivi nei comuni di Fasano, Ostuni e Carovigno con le loro decine di chilometri di costa si contendono i proventi delle attività illecite legate al fiorente turismo locale, ma anche allo spaccio al dettaglio di stupefacenti e dai grossi traffici con la vicina Albania, nonchè quelli connessi con i servizi di guardiania e stewarding, e le estorsioni in danno di attività commerciali.

Inoltre, e negli ultimi tempi, in questi stessi comuni si è registrata una recrudescenza di reati generalmente espressione di fenomeni estorsivi come danneggiamenti e attentati intimidatori.

Per quanto concerne i comuni confinanti con la provincia leccese, quali Torchiarolo, San Pietro Vernotico, Cellino San Marco, San Donaci e San Pancrazio Salentino, essi risentono del controllo di più compagini criminali, con alternanze di accordi e divisioni interne, frutto delle decisioni prese anche nelle carceri.

L’effervescente realtà criminale a nord di Brindisi è ampiamente comprovata dai riscontri giudiziari dell’inchiesta “Reset”, conclusa l’8 giugno 2020 dai Carabinieri. Le indagini, corroborate dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, hanno comprovato l’interesse delle compagini associative locali verso la gestione della cosa pubblica nel comune di Carovigno dove i referenti d’area della frangia dei mesagnesi, facente capo al clan VITALE, “oltre ad essere stabilmente attivi nel traffico di stupefacenti, condizionavano il voto delle elezioni amministrative del 2018 per l’elezione del Sindaco e del Consiglio Comunale di Carovigno, al fine di ottenere la gestione dei parcheggi della riserva naturale di Torre Guaceto”. L’inchiesta, infatti, veniva avviata a seguito di un attentato incendiario compiuto in danno dell’automobile della moglie dell’allora sindaco di Carovigno, il quale si stava occupando della gestione dei parcheggi della “Riserva Naturale di Torre Guaceto”. A causa delle pressioni mafiose sul primo cittadino “al fine di condizionarne le scelte politiche in favore dei loro interessi, collegati alla gestione monopolistica dei parcheggi della Riserva Naturale di Torre Guaceto”, questi, poco tempo dopo, si dimetteva dalla carica. Ciò determinava l’apertura di una campagna elettorale per la tornata elettorale del giugno 2018 connotata da tentativi di forte condizionamento mafioso dell’esito atteso che venivano individuati candidati compiacenti che, una volta eletti, avrebbero assicurato il monopolio sulla Riserva procacciando voti con le modalità tipiche dello scambio elettorale politico-mafioso. In tale contesto, il 19 giugno 2020 il Prefetto di Brindisi ha disposto l’accesso presso l’Amministrazione comunale di Carovigno essendo emersi elementi investigativi indicativi di forme di condizionamento mafioso.

Più in generale, e come per il passato, il core business della criminalità comune e organizzata del brindisino è rappresentato, oltre che dal fenomeno estorsivo, anche dal traffico di sostanze stupefacenti in cui, tra l’altro, le attività di analisi e i riscontri giudiziari confermano le consolidate relazioni criminali con gruppi albanesi.

L’operazione “Bronx”, eseguita dai Carabinieri il 30 gennaio 2020, ha fornito, ancora una volta, uno spaccato interessante su come agisce la criminalità a Carovigno. L’indagine ha documentato oltre allo spaccio, tra l’altro con il coinvolgimento di minori, la matrice di vari attentati incendiari (alcuni dei quali ai danni di soggetti concorrenti nello spaccio di stupefacenti) e di azioni estorsive nei confronti di imprenditori locali.

Le coste brindisine, interessate come quelle leccesi dall’immigrazione clandestina, continuano ad essere utilizzate dalla criminalità albanese come luogo di approdo privilegiato per importare nel territorio nazionale ingenti carichi di marijuana. Sostanzialmente invariato appare il modus operandi certamente agevolato dalle poche miglia nautiche che separano le coste dei due Paesi.

Tale sistematico traffico illecito viene, perlopiù, gestito direttamente dalle organizzazioni transnazionali, spesso con l’appoggio loro offerto da numerosi soggetti di origine albanese residenti o domiciliati in provincia di Brindisi. Emblematica, in proposito, è l’operazione “San Silvestro” conclusa il 27 maggio 2020 dalla Guardia di finanza che ha svelato l’operatività di un’organizzazione radicata nel territorio brindisino dedita al traffico di stupefacenti provenienti dall’Albania verso le coste italiane. In particolare, gli albanesi coinvolti, tutti stabilmente dimoranti in Italia, mantenevano i contatti con propri connazionali fornitori dello stupefacente utilizzando gli italiani per il supporto logistico (come il reperimento di natanti e scafisti) ed il successivo trasporto e smercio dello stupefacente anche verso altre regioni del nord Italia. Durante l’inchiesta sono stati effettuati numerosi sequestri lungo le coste salentine a riscontro dei traffici illeciti svelati.

Altra significativa riprova è pervenuta, nel semestre, dagli esiti dell’operazione “Beached”, conclusa l’11 giugno 2020 dalla Guardia di finanza con l’esecuzione di un provvedimento restrittivo nei confronti di venti soggetti (nove dei quali albanesi) accusati di traffico internazionale di stupefacenti. L’indagine ha avuto origine quando, al largo delle coste di San Cataldo, veniva intercettato un gommone, condotto da due scafisti, abbandonato dopo un inseguimento sulle coste di Ostuni. All’interno del natante venivano rinvenuti kg. 886,5 di marijuana. Le indagini successive consentivano di delineare l’organigramma di un gruppo criminale, capeggiato da un albanese, che operava tra Italia e Albania al fine di acquistare in quest’ultimo Paese, trasportare e cedere nel nostro, ingenti quantitativi di cocaina e marijuana.

In continuità con il passato, il porto di Brindisi costituisce un hub nevralgico anche per l’importazione di merci contraffatte da smerciare nel territorio nazionale, nonché raccordo centrale per l’importazione di tabacchi lavorati esteri e prodotti petroliferi di contrabbando.