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Recovery fund, nuove idee per la sanità italiana
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Recovery fund, nuove idee per la sanità italiana

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La buona notizia è che l’Europa ha deciso di affrontare la crisi scaturita dall’emergenza Covid attraverso un’immensa immissione di denaro. La cattiva è che il dibattito su come utilizzare questi fondi è scarso se non inesistente.

Il tema è cruciale e il grande rischio è che si spendano i soldi esattamente come 30 anni fa. Dalla CIG ai vari bonus, niente di nuovo in vista. Il dibattuto dovrebbe interessare anche il campo sanitario con o senza utilizzo dei fondi del MES (folle non averli ancora richiesti).

In questi mesi abbiamo preso atto che è cambiato il modo di scegliere un ristorante, il modo di spostarci attraverso la condivisione dei mezzi, il modo di lavorare. Logico dunque, allo stesso modo, reinterpretare il modo di occuparci della nostra salute.

La tecnologia, infatti, non sostituisce solo lavori manuali come si pensava un tempo ma, diviene strumento importante anche in supporto (e non in sostituzione) di profili professionali ad elevata complessità come quello del medico. Siamo sicuri che per avere un migliore sistema sanitario sia davvero necessario aumentare gli organici, tornare ai migliaia di micro ospedali sotto casa e aumentare la spesa farmaceutica?

La minaccia di nuove pandemie, malattie croniche sempre più diffuse e una popolazione sempre più anziana richiedono una trasformazione epocale con il passaggio da una medicina basata sulla diagnosi e sui trattamenti alla medicina delle 4P (Predittiva, Preventiva, Personalizzata e Partecipativa) ed è su questo che dovremmo concentrare le nostre risorse.

L’evoluzione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) in ambito sanitario ha disegnato un modello innovativo di sanità “elettronica”, la cosiddetta e-health, fondata sull’uso delle tecnologie a supporto dei processi sanitari e amministrativi delle aziende sanitarie, sia nella gestione delle relazioni tra strutture e pazienti, sia, nel governo dei sistemi sanitari stessi.

A questo si aggiunge la necessità di dotarsi di una nuova prospettiva fondata su centralità del paziente, condivisione e trasparenza dell’informazione clinica. La sfida per i prossimi mesi è dunque quella di riuscire a connettere tutti gli attori del Sistema Sanitario, digitalizzare il comparto ed implementare i servizi di welfare.

Occorre progettare e finanziare una rete innovativa di telemedicina (una modalità di erogazione di servizi di assistenza sanitaria tramite il ricorso a tecnologie innovative che porta direttamente a casa del paziente il servizio del medico, senza che questo si allontani dal suo studio e senza che il paziente stesso sia costretto a muoversi), non solo per il COVID, ma soprattutto per assicurare l’accesso alle cure a tutti gli altri pazienti. Questa rappresenterebbe una nuova ed importantissima frontiera in quanto implica un insieme dei processi organizzativi e tecnologici che permettono di eliminare barriere di distanza, di tempo e di costi per l’accesso alle cure, modalità per essere vicini ai pazienti anche da lontano e possibilità di visualizzare in remoto i dati trasmessi da casa con un risparmio sui viaggi e le lunghe attese.

Soluzioni tecnologiche che finalmente ridurrebbero il gap tra i servizi erogati ai cittadini dei grandi centri urbani e quelli, invece, destinati a chi vive in provincia.

Cosi, si incentiverebbe il passaggio, per quanto possibile, dall’attuale e dispendioso sistema che pone l’ospedale al centro, in favore di un modello di assistenza distribuito sul territorio e incentrato sul paziente con l’assistenza che si dematerializza e diventa digitale.

Ma non solo, la crescente diffusione della Tecnologia dell’Informazione e Comunicazione (ICT) nel Sistema Sanitario Nazionale ha un infinità di applicazioni su cui investire: Fascicolo Sanitario Elettronico, Cartella Clinica Elettronica, Telemedicina, Sistemi di Supporto alle Decisioni Cliniche, Stampa 3D, Intelligenza Artificiale, Chirurgia Robotica, App Biomedicali, Realtà Aumentata, ecc oltre al riconoscimento e all’inserimento di nuove figure professionali nel SSN.

Abbiamo bisogno di un nuovo sistema, inoltre, capace di valorizzare il desiderio di acquisire maggior capacità di controllo sulle proprie condizioni di salute da parte del paziente anche attraverso una diretta gestione dei propri dati e delle varie opzioni diagnostiche e terapeutiche disponibili e che consenta attraverso l’utilizzo della tecnologia una maggiore personalizzazione che possa garantire maggiore efficacia e risparmi.

A questo si aggiunge un ruolo di primo piano che potrebbe essere svolto dalla tecnologia blockchain che, applicata in ambito sanitario attraverso la creazione di un database distribuito, sicuro e unificato offrirebbe enormi vantaggi a livello epidemiologico e di interazioni tra ospedali e università lontane. La blockchain può fornire anche un metodo affidabile per monitorare il mercato dei farmaci prevenire la frode assicurativa. E consentirebbe di migliorare la qualità e l’efficacia degli studi clinici. Ovviamente il tutto nel rispetto delle normative in vigore in materia di protezione dei dati personali.

Per investire in tutto questo serve un cambio radicale di prospettiva e su questo il livello politico europeo può aiutarci sganciando l’amministratore locale dalle reti clientelari e campanilistiche di cui spesso gli italiani sono schiavi. In tal senso l’Europa può salvarci e se queste sono le condizioni che ci vengono richieste per fornirci liquidità, ben vengano.

A tutto questo si aggiunge la constatazione che senza interventi o peggio investendo con vecchie ricette, il costo dell’assistenza sanitaria tradizionale è destinato a diventare insostenibile.

Insomma, sarebbe folle pensare di spendere come si è sempre fatto negli ultimi 30 anni. Occorre rendere concreta l’innovazione di cui si parla tanto finanziando progetti con approcci davvero moderni, che possano servire al futuro e non solo ad un presente che rischia di avere un odore stantio di passato.

Francesco Caroli