Home Editoriale Quella insana paura di amare Brindisi per come la descrivono gli studi, anche quello di Forastiere: meno inquinata, più vivibile
Quella insana paura di amare Brindisi per come la descrivono gli studi, anche quello di Forastiere: meno inquinata, più vivibile
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Quella insana paura di amare Brindisi per come la descrivono gli studi, anche quello di Forastiere: meno inquinata, più vivibile

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BRINDISI – Se l’obiettivo è mettersi a vendere barattoli di aria di montagna apponendoci la scritta Brindisi, c’è qualcosa da limare ancora. Se invece l’obiettivo è quello di vivere in una città dove possano coesistere più segmenti economici senza dilapidare il patrimonio di centralità in ambito commerciale e industriale acquisito (anche attraverso lacrime e sangue) nel corso dei decenni, allora la strada da percorrere è quella già intrapresa.

Partiamo da alcuni dati statistici: a Brindisi l’aspettativa di vita è di 82,5 anni (a Pavia per esempio è di 79,91), siamo al 39esimo posto per speranza di vita dopo i 65 anni e al 13esimo per consumo di farmaci per malattie croniche. Il problema, a naso, sembra più l’88esimo posto come numero di figli sfornati dalle donne brindisine o il 13,7% di bambini in meno e l’8,5% di giovani in meno sul territorio dal 2016 al 2021.

Ma torniamo a bomba sull’inquinamento, senza perderci in anacronistici discorsi legati allo sviluppo economico; che pretese! La salute prima di tutto. E se la mettiamo su questo piano, lo studio Forastiere condotto sulle esposizioni della cittadinanza dal 2000 al 2013 ci inchioda. Lo dicono tutti, lo ripete sempre anche chi ci governa, l’ha ricordato nuovamente il sindaco in occasione dell’ultima sfiammata proveniente dal petrolchimico. Sarà così.

Epperò, se si legge bene quello studio, qualcosa non combacia tra la narrazione tuttora in voga e i dati oggettivi. Perché già in quello studio che si ferma a 8 anni fa (un’era geologica fa, dunque), viene sostenuto che “L’esposizione media di popolazione è diminuita molto negli anni fino a raggiungere valori molto bassi dal 2010 in poi”. I picchi di impatto ambientale sulla popolazione, per dire, risalgono al 1997, annus horribilis.

E se i valori registrati erano già molto bassi dal 2010, anno in cui venivano movimentate oltre 9 mln di tonnellate di carbone tra Enel ed Edipower, quest’ultima doveva ancora fermare la propria attività (è avvenuto nel 2012), Enel doveva ancora ridurre a 1/6 la quantità di carbone bruciato rispetto a quegli anni e il petrolchimico doveva ancora attuare investimenti da capogiro per adeguarsi alle prescrizioni della Procura (dopo il sequestro per l’ipotesi accusatoria di utilizzo delle torce per smaltire residui di lavorazione) e delle nuove Aia, allora forse la situazione attuale non è poi così drammatica come si narra e possiamo fidarci maggiormente dei valori delle centraline Arpa presenti in città (l’SO2 medio che si registrava nel 1997 era di 8 microgrammi al metro cubo, ieri nella zona Sisri segnava 1, per esempio), le quali per fortuna sono funzionanti e più performanti rispetto a un decennio fa.

Per trovare riscontri, comunque, basta dare un’occhiata ai grafici qui in basso, riportati proprio dallo studio Forastiere. Ecco, se pensate che dal 2013 ad oggi la situazione è ulteriormente variata e doveste approcciarvi al tema asetticamente, allora capirete che forse è riscontrabile qualche eccesso narrativo, qualche distonia.

 

Tuttavia, per stare tutti tranquilli, vorremmo che al più presto – così come inserito nel programma elettorale dell’attuale maggioranza – questi studi vengano aggiornati e venga resa nota la situazione nella quale i brindisini vivono oggi. Lo chiediamo a gran voce, a tutela di tutti!

Vogliamo capire se la situazione magari è misteriosamente peggiorata rispetto a quando lo studio Forastiere sosteneva che “Nell’ultimo periodo di follow-up l’eccesso di rischio per malformazioni congenite legate alle emissioni del polo petrolchimico osservato nell’analisi per intero periodo non si osserva più (HR=1.03 (0.50-2.10), considerando variazioni di COV pari a 0.904 µg/m3)”, o che “L’associazione tra SO2 e mortalità per eventi coronarici non si apprezza più nel periodo più recente”.

Vogliamo capire se quei valori costantemente bassi di benzene segnati dalle centraline Arpa sono farlocchi o cosa.

Perché se dovessero avere ragione quelli che, anche tra i governanti, continuano a parlare di città inquinata, invasa dai veleni, allora avrebbe un senso anche l’insensata levata di scudi contro il deposito di gnl e la sua temibile (ma davvero diceva il sindaco in Consiglio comunale?) torcia.

Vogliamo capire, vogliamo sapere, e nel frattempo magari vorremmo anche comprendere se il 58% di rifiuto non differenziato che produciamo (per mancanza di applicazione) arrechi in qualche modo danni al nostro ecosistema e alla nostra salute, considerata anche l’inesistenza totale di impianti di trattamento e la nota capacità criminale di infiltrarsi nella gestione dei rifiuti quando la politica non è in grado di offrire risposte adeguate e di governare questi processi.

Meno attenzione selettiva, meno propaganda, più dialettica e concretezza. Questo costituirebbe un vero cambiamento. Continuare ad agitare i fantasmi del passato facendo leva sull’ancora vivido ricordo della battaglia contro il rigassificatore e sulla sedimentata avversione della cittadinanza verso un’industria che obiettivamente ha procurato sofferenza, attualmente ha poco senso se l’obiettivo è quello di far crescere la città sotto ogni profilo. Se gli obiettivi sono differenti, invece, allora cambiamo canale e ci mettiamo l’anima in pace.