Home Economia e lavoro I numeri shock della crisi: 2.500 lavoratori in meno tra porto e aeronautico
I numeri shock della crisi: 2.500 lavoratori in meno tra porto e aeronautico
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I numeri shock della crisi: 2.500 lavoratori in meno tra porto e aeronautico

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BRINDISI – Viene giù tutto. Il gigante dai piedi d’argilla vacilla paurosamente, generando l’allarme dell’amministrazione comunale, che teme di ritrovarsi con il cerino in mano. Già nel 2019 l’Autorità di sistema portuale aveva fotografato l’arrivo dello tsunami della decarbonizzazione attraverso un documento inviato al governo: «Lo scenario – scrivevano dall’Authority – complessivo al 2025, anno della cessazione delle attività portuali legate al carbone, avrà un effetto sulla forza lavoro della città di oltre 2.000 unità in meno, con conseguenze devastanti sul piano sociale e in un contesto caratterizzato da un tasso di disoccupazione che sfiora il 20% (46% per la disoccupazione giovanile)». È risaputo che un porto funziona se c’è un comparto industriale vivace alle spalle. Con la crisi del polo energetico e di quella del polo chimico che si staglia sullo sfondo, la città avrebbe grande bisogno di un processo di reindustrializzazione. Anche perché quello che rappresentava il fiore all’occhiello, ovvero il settore aeronautico, attraversa a sua volta un periodo nero. Secondo il report preparato da Confindustria in occasione del tavolo di confronto prefettizio, «i segnali di crisi del settore dell’aeronautica civile sono legati a diversi fattori strutturali, quali i modelli di business delle aziende coinvolte spesso basati su monocommittenze o monoprodotti e l’assenza di una strategia industriale nazionale per il comparto, non equiparabile a quella definita per il comparto aerospaziale e militare. Purtroppo il depauperamento del settore, nel nostro territorio, è già in atto da tempo, tanto da registrare la chiusura o crisi di aziende dell’indotto (Tecnomessapia; Gse; Processi Speciali, C.m.c; Dema-Dcm; Tsm) e la fuoriuscita dal processo produttivo di oltre 500 unità. Ciò è dovuto anche al fatto che le piccole e medie imprese aeronautiche non hanno ancora superato la logica culturale dell’individualismo imprenditoriale, mostrandosi resistenti e reticenti a realizzare processi di aggregazione».