Home Economia e lavoro La Brindisi che vuole crescere. La città tornerà centrale ma per cogliere le grandi occasioni occorreranno una classe dirigente studiosa e una cittadinanza più matura
La Brindisi che vuole crescere. La città tornerà centrale ma per cogliere le grandi occasioni occorreranno una classe dirigente studiosa e una cittadinanza più matura

La Brindisi che vuole crescere. La città tornerà centrale ma per cogliere le grandi occasioni occorreranno una classe dirigente studiosa e una cittadinanza più matura

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BRINDISI – Le due grandi aree industriali e portuali di Taranto e Brindisi, distanti soli 70 km, giocano la stessa partita, quella della transizione ecologica ed economica. Entrambe sono alla ricerca di un modello alternativo, ed infatti entrambe si fiondano sulle crociere, sull’idrogeno, sulla logistica, sul turismo, sulla nautica, sulla produzione di componentistica per le Fer.

La partita, per il momento, la sta abbondantemente vincendo Taranto, ma non sempre ciò equivale ad una notizia negativa per Brindisi. È il caso dell’investimento del cantiere Ferretti, i cui effetti benefici, secondo il presidente del distretto nautico pugliese, Giuseppe Danese, “ricadranno su tutta la Puglia ed in particolar modo sul Salento. Sono previsti centinaia di occupati e ci sarà un indotto da paura che coinvolgerà soprattutto Brindisi, dato che rappresenta un hub della nautica da diporto nel Mediterraneo e può vantare altissime competenze ed una cultura tecnologica nel settore”.

In alcuni casi, inoltre, è possibile che gli investimenti involgeranno sia Brindisi che Taranto. La pensa così l’onorevole Mauro D’Attis: “Il tema di Falck riguarda gli spazi, e su Taranto sono enormi. Però, da quello che so io, Falck ha interesse tanto su Taranto quanto su Brindisi e non ha intenzione di abbandonarla. Dobbiamo pertanto lavorare con serenità affinché ACT Blade, Falck, Edison, Enel, Eni, a2a non perdano interesse. Con il Governo dobbiamo agevolare quanto più possibile queste iniziative perché, grazie alla sua collocazione strategica, c’è grande interesse verso il territorio brindisino”.

La città è chiamata a giocare una grande partita come hub energetico, pertanto sarebbe il caso che la mentalità dei brindisini e di chi li rappresenta non restasse piccola piccola. Infatti, come sottolineato nei giorni scorsi dall’a.d. di Unicredit, Andrea Orcel, tutto cambierà, perché “l’energia verrà da Sud verso Nord e chi dovrà costruire i porti e realizzare le infrastrutture saranno l’Italia ed i Paesi del Sud Europa, e questo rappresenterà una grande occasione”.

D’Attis, che conosce la sua gente e le potenzialità di Brindisi, ne è cosciente e lancia un appello: “Siamo davanti ad un’occasione incredibile, alla quale bisogna approcciarsi senza pregiudizi ideologici e con velocità, perché il tempo è fondamentale. È necessario che per primi lo capiscano i cittadini di Brindisi, e poi anche chi li rappresenta. La mia preoccupazione è che tutto questo non sia ancora compreso bene dalla gente”.

Altrettanto importante sarebbe disporre di una classe dirigente che approfondisca le questioni. Negli ultimi mesi si è discusso tanto di rigassificatore a Brindisi, salvo poi scoprire dal ministro Pichetto Fratin che serviranno altri 3-4 rigassificatori ma che gli stessi, al momento, non possono essere installati nel Mezzogiorno in quanto la rete della dorsale adriatica è satura. Il motivo è da ricercare nel fatto che tale rete trasporta già il massimo quantitativo possibile di gas (125 milioni di metri cubi al giorno), e ciò per via del Tap. A conferma di queste dichiarazioni è intervenuto anche l’a.d. di Snam, Stefano Venier, il quale ha sostenuto che i lavori per rendere più resiliente e capiente tale rete (anche in ottica raddoppio del Tap) termineranno non prima del 2027 e torneranno utili anche per il traporto dell’idrogeno, che si muoverà da sud verso nord. Fosse così, anche le trivellazioni al largo di Brindisi per estrarre gas sarebbero improbabili dato che poi quel gas non potrebbe comunque essere convogliato nella rete esistente, come detto già satura.

Il Tap, insomma, come tappo per ulteriori investimenti legati al gas, che produrrebbero comunque ritorni e ricchezza. Nonostante tale grande condizionamento, nessuno ha ancora chiesto a Tap/Snam un solo euro a titolo di compensazione.

Quello che Taranto ha in più rispetto a Brindisi, al momento, sono gli spazi e gli adeguamenti infrastrutturali. Le opere portuali, le semplificazioni amministrative e la riperimetrazione del Sin potrebbero riportare Brindisi in carreggiata. La domanda è: quando? Per avere una risposta più solerte, occorrerebbe che tutti remassero nella stessa direzione. Un concetto banale che però a Brindisi non viene quasi mai applicato.

Quello che Brindisi ha in quantità apprezzabili, invece, è il know how nel manifatturiero. Un fulgido esempio viene dalla nautica e dalla cantieristica navale. E Danese, giustamente, lo mette sul piatto della bilancia: “Da qui ai prossimi dieci anni la nautica brindisina può crescere anche del 500%. Grazie alla disponibilità della Regione abbiamo presenziato a tutti i saloni nautici e questa programmazione a lungo respiro rappresenta un aspetto determinante. Oramai in molti, dal Qatar, ormeggiano in Puglia. Le barche vengono qui sia per l’attività di promozione svolta che per i servizi che rendiamo. Per uno yacht non c’è cosa migliore che entrare in un porto dove ci sono l’ormeggio, il turismo, i cantieri per le attività manutentive. Nulla è casuale, è tutto pianificato. Prima la Puglia era usata solo per fare pit-stop e ripartire per la Grecia, mentre adesso le imbarcazioni permangono per cinque giorni di media. Per il 23% dei diportisti che raggiungono le nostre coste, la Puglia è diventata una meta. Da qui l’importanza di potenziare i servizi, di ingrandire gli spazi del Marina di Brindisi: ciò consentirà di ospitare più barche e di produrre più lavoro, più indotto per i vari settori economici della città. Faccio un esempio: come cantiere navale, noi stipuliamo tantissime convenzioni con alberghi, b&b, ristoranti, negozi di abbigliamento, palestre, cinema, così da ospitare al meglio gli equipaggi. Parliamo di gente che vive in maniera agiata e che quindi non vuole stare sulla barca tutto il tempo. A livello di offerta, però, dobbiamo crederci e migliorare ulteriormente. Io stesso qualche anno fa non immaginavo che sarei riuscito ad assistere gli yacht super-lusso: ci abbiamo creduto 15 anni fa, abbiamo investito, ci siamo attrezzati e adesso gestiamo anche questo target di imbarcazioni. Serve un po’ di coraggio”.