Home Editoriale Schifati da tutti. Il magnate De Picciotto: “A Brindisi non investo, città un po’ particolare. Preferisco Lecce e Taranto”
Schifati da tutti. Il magnate De Picciotto: “A Brindisi non investo, città un po’ particolare. Preferisco Lecce e Taranto”
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Schifati da tutti. Il magnate De Picciotto: “A Brindisi non investo, città un po’ particolare. Preferisco Lecce e Taranto”

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BRINDISI – Ma vogliamo chiederci una volta per tutte, in maniera seria, schietta, responsabile, cosa diamine ha questa città che non va?

In questi giorni si è parlato tanto del banchiere italo-svizzero De Picciotto, taglieggiato da malviventi baresi arrestati dal comando provinciale dei carabinieri di Brindisi.

Ma chi è De Picciotto? È un attempato pluri-milionario che vive per 6 mesi all’anno in Puglia e che, come un re Mida, sta facendo le fortune delle città dove decide di imporre il suo taumaturgico tocco, spendendo qualche manciata di milioni di euro con piglio da filantropo/mecenate.

Se è interessante capire dove sta investendo, ovvero a Lecce (immobili e Lecce Calcio), Taranto (recupero immobili nella città vecchia e nel basket), Fasano (recupero masserie extra lusso), Ostuni (cinema-teatro), è ancora più interessante capire dove non sta investendo e perché.

Nel 2018, sulle colonne del Quotidiano di Lecce, De Picciotto dichiarò espressamente: “Lecce mi piace molto e vorrei fare davvero tanti investimenti. Brindisi? Direi di no. Francamente è una città un po’ particolare. La città di Lecce mi piace molto, penso abbia un futuro importante davanti a sé poiché ha un potenziale enorme. Il palazzo dell’ex Banco di Napoli è un esempio calzante: restituirlo alla città in una veste diversa sarebbe una grande cosa per i leccesi e per chi viene da fuori a visitare le bellezze del barocco”.

Se fosse solo De Picciotto a pensarla così, ce ne faremmo una ragione. Purtroppo, invece, a Brindisi non si registrano investimenti da lustri. Né nel pubblico, né nel privato. E mentre Taranto, Lecce, Bari, la Valle d’Itria, ma anche Ostuni, Carovigno continuano a veder ingrassato il loro portfolio di investimenti privati e di opere pubbliche, Brindisi resta inspiegabilmente al palo; anzi, regredisce.

Perché? Prima si attribuiva tale mancanza di attrattività a una malavita particolarmente invadente, ad Amministrazioni ballerine e caratterizzate da pratiche opache (vedi arresti dei sindaci). Adesso, dopo un anno e mezzo di commissariamento e due anni e mezzo di “governo degli onesti”, la musica non sembra comunque cambiata granché. E oltre ai De Picciotto vari che continuano evidentemente a ritenere la nostra città un luogo da evitare come la peste, si aggiungono anche investitori nel campo portuale, industriale, delle attività ristorative, delle costruzioni, tra i quali inizia a serpeggiare l’idea che a Brindisi gli investitori privati vengano squadrati con sospetto, prima ancora che come risorse per restituire un minimo di linfa a un territorio in necrosi.

C’è poco da fare: Brindisi è decisamente una città che non conosce le mezze misure. Dove il vento soffia sempre contro. E dove le 500.000 presenze turistiche anelate da Rossi come obiettivo di fine mandato (ovvero il triplo rispetto agli standard attuali), forse le vedremo tra un decennio.