Home Editoriale Dal cantiere della sinistra l’antidoto contro la destra. Ma l’alleanza con il M5S non può funzionare
Dal cantiere della sinistra l’antidoto contro la destra. Ma l’alleanza con il M5S non può funzionare
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Dal cantiere della sinistra l’antidoto contro la destra. Ma l’alleanza con il M5S non può funzionare

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Il dibattito organizzato dalla Fondazione Italianieuropei ha rappresentato un momento molto alto della discussione politica della sinistra e del Paese. La forza delle idee sprigionata da questo cantiere della sinistra, o per dirla con gergo del governo, da questi stati generali della sinistra, tranquillizza sul fatto che il cuore della sinistra batte ancora forte. Il problema semmai è eliminare alcune aritmie, sintonizzando il battito della sinistra con quello della sua gente.

Quello che è apparso chiaro è che ad una radicalizzazione della società e delle istanze ne sta conseguendo una presa di coscienza interna alla sinistra rispetto a una necessaria offerta politica che contempli proposte più radicali. D’altronde, il vero riformismo si è sempre realizzato mediante spinte radicali. Mai a tavolino.

L’occasione fornita dal momento storico che stiamo vivendo è particolarmente ghiotta per la sinistra, perché è incomparabile la sua storica capacità di soddisfare le richieste di welfare della gente in due campi come la sanità e il lavoro. In un momento in cui i cittadini chiedono più Stato sociale, la sinistra è in vantaggio sulla destra. Il quesito da porsi, semmai, è dove trovare nel medio-lungo periodo le risorse per garantire più Stato ai cittadini, in un Paese anchilosato da un debito enorme e da una crescita oramai cronicamente nulla.

Quello che importa, comunque, è che la sinistra abbia compreso che il suo approccio non può che essere critico verso il capitalismo e verso il neoliberismo, il quale ha portato ad una evidente usura dello stato sociale e delle istituzioni democratiche.

La sinistra, forse per scrollarsi di dosso l’invadente eredità del PCI, ha scelto di affidarsi ad una operazione di maquillage che ne ha sbiadito l’identità profonda. Così si è osservata una sinistra intenta ad edulcorare il capitalismo, ci si è concentrati sul governare, e nel fare questo ci si è seduti al tavolo con i padroni, commettendo ad un certo punto l’errore di posizionarsi dalla loro parte. Da qui è discesa la delusione della classe operaia, degli ultimi, che hanno cercato disperato conforto nelle braccia della destra. Un corto circuito perverso, dato che proprio la destra abbraccia appieno ed alimenta quel liberismo e quel capitalismo sfrenato che rende gli ultimi sempre più ultimi. Se la si guarda dall’alto, quella che ha colpito le classi operaie somiglia tanto ad una sindrome di Stoccolma.

E allora ben venga la nuova consapevolezza della sinistra progressista e riformista del ruolo che deve occupare nel mondo e soprattutto del rapporto che deve tenere con la sua gente. La sinistra, per ricucire i rapporti con il popolo, deve smetterla di assecondare la propria autoreferenzialità agognandolo come ideale ma deve invece accettarlo nella sua rozzezza. In una fase storica come questa non c’è destra che tenga di fronte a una vera sinistra. Però la sinistra deve prendersi i suoi tempi per offrire una proposta chiara, convincente, coerente con la sua storia. E a tal proposito ritornano particolarmente efficaci le parole di Gaetano Salvemini: “Bisogna che in Italia si crei una classe che per dieci anni lavori, studi, studi, stia da parte, abbia il coraggio di rinunziare alle posizioni ufficiali, si prepari e poi venga alla ribalta”.

Il problema vero, però, è esprimere una proposta chiara di sinistra. Perché se è vero che la sinistra, dopo anni vissuti dalla parte dei padroni, ha bisogno del populismo gentile del M5S sia per instaurare un canale comunicativo con gli ultimi e farsi accettare dagli stessi, che per arrivare nei territori marginali, nelle periferie, in quelle aree finite in necrosi perché non irrorate del sangue pompato dal capitalismo che inonda i grandi centri, è vero anche che ha bisogno di colmare il gap di chiarezza della propria offerta e narrazione politica.

Ora, per far penetrare politiche giuste nella società c’è bisogno di identità collettive, le quali si formano esclusivamente attraverso il componimento delle differenze. Affinché si abbiano identità collettive alle quali inoculare le politiche giuste serve unire gli ultimi e non creare contrapposizioni tra questi. Domanda: è possibile riuscire in questa opera coalizzandosi con il M5S che, rispetto ai diritti civili di alcune categorie come ad esempio i migranti, fomenta le contrapposizioni ed acuisce la disaggregazione ed i conflitti tra gli ultimi? È possibile creare un’offerta politica chiara coalizzandosi con un movimento dall’identità profondamente diversa rispetto al PD? Se alla sinistra manca chiarezza narrativa, è opportuno questo salto nel vuoto costituito da un’alleanza strutturale con un movimento informe e incoerente, forte nella protesta e debole nella proposta, che è la cosa fondamentale per salvare questo Paese e la sinistra?

Andrea Pezzuto