Home Economia e lavoro Porto Quante occasioni per Brindisi, al centro dei corridoi logistici. Patroni Griffi: “Non casuale il forte interesse di Grimaldi. Chi si doterà di un rigassificatore per l’idrogeno sarà attrattivo. Lavoriamo ad una grande comunità energetica portuale”
Quante occasioni per Brindisi, al centro dei corridoi logistici. Patroni Griffi: “Non casuale il forte interesse di Grimaldi. Chi si doterà di un rigassificatore per l’idrogeno sarà attrattivo. Lavoriamo ad una grande comunità energetica portuale”
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Quante occasioni per Brindisi, al centro dei corridoi logistici. Patroni Griffi: “Non casuale il forte interesse di Grimaldi. Chi si doterà di un rigassificatore per l’idrogeno sarà attrattivo. Lavoriamo ad una grande comunità energetica portuale”

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BRINDISI – Il rapporto della Svimez tratteggia per le grandi aree portuali, soprattutto meridionali, un futuro come poli energetici e industriali. L’associazione sostiene che «i porti del futuro saranno non più solo luoghi di transito di merci e passeggeri ma sistemi complessi con forte vocazione energetica e industriale. A beneficiarne potranno essere, in particolare, i porti del Mezzogiorno, soprattutto quelli dotati di maggiore flessibilità operativa e prossimi ad aree industriali dismesse. In questo scenario si inseriscono le Zes». Inoltre viene affermato che «la realizzazione di servizi marittimi costieri multi-porto ad alta frequenza, lungo i corridoi tirrenico e adriatico-ionico, dovrebbe connettere una rete di centri logistici portuali di produzione, stoccaggio, distribuzione e rifornimento di veicoli stradali e navi, con depositi di piccola scala di Gnl (gas naturale liquefatto), bio-Gnl, e-fuel, idrogeno verde, ecc., da localizzarsi nei principali porti dotati di Zes».

Musica per le orecchie del presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Adriatico Meridionale, Ugo Patroni Griffi, che persegue questa strategia dal primo giorno in cui si è insediato: «Il rapporto Svimez – commenta – conferma totalmente l’impostazione dell’Autorità di sistema portuale data sin dal mio insediamento: un’impostazione che si basa sul fatto che lo scenario di probabilità più favorevole per lo sviluppo della portualità del Mezzogiorno è quello che si articola lungo i corridoi trasversali che collegano il Tirreno all’Adriatico (il cd. Land Bridge). I porti dell’Adriatico sono poi collegati attraverso il corridoio Paneuropeo VIII, che si biforca su due linee parallele: una attraversa Albania, Macedonia e Bulgaria; l’altra attraversa la Grecia per arrivare fino alla Bulgaria e alla Turchia. Parliamo di corridoi che permettono alle merci di risparmiare anche giorni di viaggio perché consentono una intermodalità completa del tipo mare-mare, mare-gomma-mare o mare-ferro, con quest’ultima modalità che oggi è assicurata dall’adeguamento delle sagome sulla dorsale adriatica; sono le cosiddette autostrade viaggianti».

Non è un caso che il 7 dicembre, alla presenza del viceministro alle Infrastrutture, Edoardo Rixi, i rappresentanti di Grimaldi saranno a Brindisi (e il giorno prima a Bari) per presentare le strategie di potenziamento della presenza della compagnia nei porti adriatici: «Grimaldi – racconta Patroni Griffi – intensificherà le rotte su questo corridoio, sia da Bari che da Brindisi, e in quella occasione snoccioleremo i numeri: credo che il nostro sistema portuale, se le previsioni verranno mantenute, è tra quelli che più sono cresciuti nel 2022, attestandosi a 19,5 milioni di tonnellate di merci movimentate. Grimaldi ha compreso perfettamente l’importanza di questo corridoio logistico e quindi intende verticalizzarsi come hanno fatto diverse compagnie, investendo nel porto di Igoumenitsa. Si creerà un forte corridoio marittimo fra l’Italia e la Grecia in cui i porti pugliesi sono quelli meglio attrezzati e posizionati, tanto più che stiamo portando avanti da tempo una politica di sostegno a questo tipo di traffici. Delle opere che avevamo inserito nel Pot del 2018, molte sono in fase di realizzazione o già completate, mentre altre stanno per essere appaltate. Quella visione si sta traducendo in opere concrete che assisteranno questo sviluppo».

Ma oltre alle rotte est-ovest, grande interesse in ottica futura destano quelle sud-nord. I porti del Mezzogiorno, infatti, sono destinati a diventare sempre più degli hub energetici, e ciò per via della produzione di energia verde che interesserà l’Africa, e in maniera residuale il Mezzogiorno: «È necessario – argomenta il presidente – partire da un dato: il 33% del commercio mondiale marittimo è composto da carburanti; oltre il 40% è costituito da rinfuse liquide. L’argomento è: nel futuro questo traffico diminuirà o aumenterà? Cambierà la provenienza? Noi riteniamo che non diminuirà, perché i carburanti fossili verranno sostituiti con nuovi carburanti, che per un breve periodo di tempo saranno fossili ma meno nocivi. Penso al gnl, ma nel lungo periodo penso ai carburanti di sintesi o ai bio-carburanti. Ci sarà una produzione nazionale di questi carburanti ma rappresenterà una minima parte del fabbisogno italiano. La gran parte di tali carburanti, prodotti in larga parte attraverso le Fer, verrà da est e da sud. Noi ci troveremo su queste rotte in una posizione privilegiata, ma sarà importante che ci si attrezzi e ci si infrastrutturi, perché questa competizione sarà vinta da chi è in grado di prevedere le mosse del mercato. Sarebbe velleitario pensare all’autosufficienza nella produzione di idrogeno, per esempio; bisognerà importarlo. Avremo una produzione di energia da fonti rinnovabili, e magari un surplus di questa energia che potrà essere utilizzato per la produzione di idrogeno o di altri gas di fine transizione: tuttavia tutti gli studiosi dicono che gran parte di questi carburanti proverrà dai Paesi del Sud. Già oggi negli order book troviamo una quota significativa di navi alimentate ad ammoniaca e moltissime a gnl o ibride, che domani potranno essere alimentate a bio-gnl, syngas o ammoniaca».

Il porto di Brindisi, in quest’ottica, potrebbe attrarre queste merci e questi navigli anche attraverso il deposito di gnl e, chissà, attraverso l’insediamento di un rigassificatore galleggiante: «Il rigassificatore è molto importante. Nessuno ne parla ma l’idrogeno ha moltissime criticità in quanto si liquefà a temperature estremamente basse, quindi ha bisogno di un ciclo del freddo particolarmente complesso, e allo stato gassoso ha bisogno di pressioni molto elevate. È un gas di gran lunga più pericoloso rispetto ai gas fossili che oggi conosciamo. Gli studi in materia ci dicono che probabilmente la movimentazione dell’idrogeno avverrà attraverso dei vettori: non verrà movimentato nella forma pura. Verrà aggregato a vettori come il gnl (si tratta del cosiddetto blending), e con un processo di rigassificazione verrà separato l’idrogeno dal gnl. Oppure verrà utilizzata l’ammoniaca, ma anch’essa presenta criticità perché è velenosa. La Germania non a caso ha comprato rigassificatori ibridi, che oggi permettono di rigassificare il gnl e che domani consentiranno di rigassificare l’idrogeno. I porti che avranno i rigassificatori staranno avanti nella transizione energetica e saranno in una posizione di leadership nell’attrarre questo nuovo traffico».

Per il Mezzogiorno, però, ci sono da superare le criticità rappresentate dalla saturazione – per via del Tap – della infrastrutturazione di trasporto del gas sulla dorsale adriatica, che non sarà pronta a trasportare nuovi volumi di gas prima del 2027: «Credo che le dichiarazioni del ministro Pichetto Fratin sulle problematiche presenti siano riferite alla condizione contingente, non ha parlato di uno scenario di medio-lungo termine. Il metano, infatti, verrà superato o diventerà vettore per l’idrogeno e la dorsale adriatica risulterà particolarmente importante. L’idea di Snam del blending con l’idrogeno è già rappresentata nella sua programmazione e non a caso si parla di iniziare questo processo da Brindisi. È tuttavia in corso una discussione su quanto possa essere la percentuale massima di idrogeno nel blending che può essere tollerata dalla rete: secondo il professor Conenna non si può superare il 5%, secondo altri studiosi si può arrivare fino al 15%. Su un gasdotto che a regime, dopo il raddoppio del Tap, trasporterà 20 miliardi di metri cubi di gas, con un blending al 10% parliamo di 2 miliardi di metri cubi di idrogeno. Che questa quantità venga prodotta a Brindisi e nel Sud Italia non mi pare possibile, è molto probabile che proverrà dalle nazioni più a sud. Importeremo idrogeno, probabilmente via mare, pertanto pensare già oggi a collocare rigassificatori già adatti alla rigassificazione dell’idrogeno è una buona scelta». Ed a proposito di produzione di idrogeno, c’è anche un’altra modalità, oltre a quella da Fer, che potrebbe essere interessante per Brindisi: «Un primo impianto nascerà nel Lazio: parlo della produzione di idrogeno da rifiuti; è il futuro. Secondo me è un settore interessante per Brindisi: dovremmo andare a cercare investitori operanti in questo settore».

Nel rapporto della Svimez si fa riferimento anche alle «attività industriali che possono avvenire all’interno o in prossimità delle aree portuali, favorite dalla facilità di accesso alle risorse o come punti di sosta nella catena di fornitura (ad esempio, l’assemblaggio e/o la produzione di impianti eolici off shore)». Vengono in mente i casi di ACT Blade e Falck Renantis: «Le pale eoliche – afferma il numero uno dell’Authority – hanno grossi problemi di movimentazione: parliamo di strutture di 50-70 metri, quindi di carichi eccezionali che possono essere movimentati solo in pochissimi porti. Creano un carico sul traffico che è insopportabile, pertanto la produzione delle pale deve essere effettuata nelle aree portuali o retroportuali. Molte di queste pale sono inoltre destinate all’esportazione, quindi è importante la prossimità del sito alle banchine portuali, e questo alimenta un’economia che è di import per quanto riguarda i materiali necessari all’assemblaggio e di export per quanto concerne il prodotto finito. Questo discorso è ancora più complesso per i parchi eolici off-shore, dato che si parla di strutture alte più di 300 metri che vanno assemblate necessariamente in banchine con aree immense e attrezzate».

Un’ultima grande occasione per lo sviluppo industriale di Brindisi è fornita infine dalla nascita di una comunità energetica portuale, che non è assoggettata a limiti di produzione energetica da Fer, come invece accade per l’Asi: «C’è una legge che le favorisce, stiamo discutendo con il sistema delle cooperative per fare un esperimento su Bari. Nel frattempo c’è una interlocuzione con il presidente dell’Asi di Brindisi, Vittorio Rina, e con il presidente di Confindustria Brindisi (con delega all’Energia per Confidustria Puglia, ndr) Gabriele Menotti Lippolis, per fare un incontro operativo su Brindisi, la quale, per via della presenza di imprese energetiche e di spazi retroportuali molto ampi, oltre che per la previsione di investimenti importanti nell’eolico off-shore, nell’idrogeno e nei carburanti di transizione, rappresenta il luogo d’elezione dove poter sperimentare le comunità energetiche portuali. La loro creazione ci permetterebbe di ridurre la CO2 e soprattutto di rendere attrattivo il sistema economico fornendo energia ai consorziati (perché immagino che la forma di sviluppo possa essere quella del contratto di consorzio) a prezzi di gran lunga più bassi rispetto a quelli del libero mercato».