Home Cultura Quel mostro dentro: “L’uomo più crudele del mondo” apre la stagione teatrale tra gli applausi
Quel mostro dentro: “L’uomo più crudele del mondo” apre la stagione teatrale tra gli applausi
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Quel mostro dentro: “L’uomo più crudele del mondo” apre la stagione teatrale tra gli applausi

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Lino Guanciale e Francesco Montanari inaugurano la stagione teatrale del Nuovo Teatro Verdi (in trasferta provvisoria al Teatro Impero) sfoderando una grande prova di bravura.

BRINDISI – Una scenografia scarna, tetra. Un’intervista. In scena due personaggi. E le nostre mostruosità. “L’uomo più crudele del mondo”, scritto e diretto da Davide Sacco è un thriller teso, a tratti disturbante, in cui i ruoli iniziali si confondono per capovolgere quella che crediamo essere la realtà.
Lino Guanciale è Paul Veres, un ricco industrale, produce e vende armi, di lui si sa poco se non che è considerato “l’uomo più crudele del mondo”. Francesco Montanari incarna invece un giornalista, un uomo ordinario, una persona mite, normale, un tipo da vinili e tisane sotto le coperte. È al cospetto di Veres per raccogliere un’intervista, per ascoltare cosa ha da dire quell’uomo crudele, per capire perché, per raccontarsi, abbia scelto proprio lui che lavora per un giornale poco importante.
“Domani ci sarà un solo uomo tra me e lei”, rivela di colpo Veres. Vuole che il giornalista lo uccida, lo pagherà profumatamente, tutti quei soldi quell’uomo ordinario non li ha mai visti. Il sottile gioco dei ruoli iniziale si tramuta in un gioco al massacro, i livelli si confondono e confondono lo spettatore. Tutto, da questo momento, cambia: l’intervistatore diventa l’intervistato, il dialogo diventa ben presto una lotta in cui ogni domanda posta da Veres è un pugno in faccia, svela istinti animaleschi, scopre bestialità. “Non lo vede che siamo tutti dei mostri?“. Veres provoca continuamente, incalza, disturba, disgusta. E ogni domanda indebolisce i contorni di ordinarietà di un interlocutore che, sottilmente e gradualmente, da avversario diventa quasi un complice della crudeltà (“siamo amici adesso, noi due“). È un ininterrotto soppesare le coscienze, (“Tre libri sono il peso giusto da mettere sulla bilancia della coscienza“, dice all’inizio Guanciale a Montanari e sul finale la scelta di questi tre titoli diventa improvvisamente chiarissima), mettersi alla prova, interrogarsi continuamente: chi è disposto a fare la cosa più riprovevole? Chi ha ancora una morale? C’è un senso del limite alle nostre azioni o siamo solo animali? Chi è l’uomo più crudele del mondo? Sul palco va in scena una densa e violenta indagine che scava in fondo all’anima più nera dell’uomo, un posto che spaventa e dal quale non si torna più indietro.
Con grande abilità, Guanciale e Montanari affrontano magistralmente due personaggi respingenti, due figure nere in una stanza buia, sinistramente solo lambiti dalle luci di scena, si muovono nervosi e irrequieti, quasi psicotici.
Fino all’epilogo, improvviso, brusco, quasi uno squarcio su una tela. Nera, come l’anima più nera dell’uomo. Del mostro.

Francesca Taurisano