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Ambientalismo brindisino: più i danni o i benefici?
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Ambientalismo brindisino: più i danni o i benefici?

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BRINDISI – Chicco Testa, nel suo libro “Elogio della crescita felice contro l’integralismo ecologico”, chiama “comitatismo” quel fenomeno che vede gruppi locali (politici e non) che si oppongono un po’ a tutto, trincerandosi dietro a buone scuse ammantate di benaltrismo e benaltrovismo.

A Brindisi il fenomeno è dilagante, trasversale, nutrito dalla giustificata esasperazione per un industrialismo selvaggio calato dall’alto che ha dato la stura al “retropensierismo”, ma anche da un capitale umano poverissimo.

Non a caso Brindisi ha un Sindaco che è un sottoprodotto del “comitatismo”, prima praticato nelle fila dei No al Carbone e poi in quelle di Brindisi Bene Comune.

Nel libro di Testa il fenomeno è descritto come “effetto Nimto” e riguarda “il comportamento di quegli amministratori che a parole riconoscono l’importanza di un’opera ma fanno in modo che la realizzazione della stessa non avvenga durante il loro mandato”. Abbiamo la sensazione di esserci con entrambe le scarpe dentro, a Brindisi. Sensazione tra l’altro espressa esplicitamente anche da esponenti della sinistra locale (Amati su tutti).

Scrive Testa: “Il risultato è amplificare in modo irragionevole il modestissimo impatto che queste opere avrebbero. E a forza di raccontarselo, molti finiscono per crederci e ciò rende impossibile ogni soluzione. L’aspetto ambientale passa in secondo piano a favore di un atteggiamento emotivo che prescinde da ogni valutazione costi/benefici”. Già…

Soffiare costantemente su questo fuoco comporta anche ricadute negative in termini di immagine. Testa porta l’esempio della Franciacorta, territorio ricompreso nel triangolo industriale Milano-Brescia-Venezia, area nella quale insistono un termocombustore, il traffico autostradale, impianti siderurgici e chimici.

Fa notare Testa come i produttori di vini e gli operatori turistici della zona se ne guardano bene dal gridare in giro che la loro zona è inquinata. Cosa che peraltro non è. Fanno il loro lavoro, i valori immobiliari crescono e il reddito procapite è fra i più alti d’Europa.

A Brindisi, dove viene praticato con profitto il “tafazzismo”, si pensò addirittura di affiggere fuori dall’aeroporto un bel 6×3 con la scritta “Benvenuti a Brindisi città del carbone”. Bella mossa!

I danni economici del localismo sono inestimabili, e diventano irreversibili se viene applicato in un periodo storico incredibilmente difficile, complesso e drammatico come quello attuale. Eppure, la terribile sensazione è che si continui a cercare prioritariamente il modo di mettere in difficoltà il dirimpettaio di un altro ente o schieramento prima ancora che trovare una soluzione. Tanto – come dice Testa – una scusa si trova sempre: le falde acquifere, qualche volatile, l’inquinamento acustico. A Brindisi, poi, i luoghi comuni si sprecano e con il minimo sforzo si riescono a instillare nella comunità convinzioni false confezionate ad arte.

Per usare le parole di Testa, siamo davanti a “gruppi alla ricerca di visibilità, spesso animati da un egoismo conservatore che aborre ogni novità. E a cui la politica si piega, prigioniera di pochi voti. Solo opportunismo dannoso oltre ogni limite, blocco di investimenti necessari come il pane, perdita di posti di lavoro. Accompagnati da una narrazione primitiva”.

Cosa ci azzecchi il bene comune con tutto questo, resta un mistero.