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Brindisi sotto la dittatura dei nero-verdi
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Brindisi sotto la dittatura dei nero-verdi

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BRINDISI – Non è un’uscita estemporanea, c’è poco da derubricare: è la rappresentazione plastica dell’ideologia che sta avvelenando i pozzi e tenendo in ostaggio la città ed i suoi poveri (in tutti i sensi) cittadini.

Quanto scritto sul profilo di un responsabile dei No al Carbone (in commento alla sentenza del Consiglio di Stato in materia portuale) è barbarie pura. È violenza. È un distillato di illiberalità antidemocratica. È la spia di un problema. Serio.

“Se fossi il Presidente di un ente pubblico e avessi un cugino al Consiglio Superiore della Magistratura, anch’io aspetterei con serenità tutti i gradi di giudizio. A maggior ragione se gli avvocati non li pago di tasca mia”. Il riferimento è chiaro.

La frase, di per sé estremamente grave, giunge a valle di numerosi esposti dei “No al carbone” contro le opere portuali. Esposti (legittimi) che evidentemente hanno trovato terreno fertile nella Procura di Brindisi, che con la sua azione (legittima) ha pesantemente condizionato negli ultimi lustri lo sviluppo del porto, senza mai giungere a condanne.

Un problema serio, dicevamo. Che si potrebbe spiegare con la graffiante dissertazione offerta da Oliver Babeau sulle colonne de “Il Foglio”: “La dittatura della purezza è incarnata in modo spettacolare in una forma di ecologia inferocita. Come una religione, il progressismo ha i suoi dogmi, i suoi sacerdoti, i suoi tribunali, le sue scomuniche. Come una religione, non è lì per affrontare la realtà e adattarsi a essa, a differenza della scienza, ma al contrario per dettare la realtà, per imporre interpretazioni.
Come una religione, vede se stessa come l’unica vera fede e presume il resto del mondo in errore”.

Deve essere questo il giogo nel quale è rimasta incastrata la città, deve essere questa la ragione sottesa di un’ideologia ecologista violenta che come un parassita succhia linfa alla vita democratica della comunità e manda in cancrena il tessuto sociale brindisino. L’iperdemocrazia che si fa tirannia.

Un nuovo civismo responsabile può rappresentare l’antidoto per l’oscurantismo ideologico del quale è ammantata la città. Un rinascimento che ha necessariamente bisogno, però, di nuove forze, di nuove leve. Più consapevoli.