Home Economia e lavoro Anche a Manfredonia e Bari si contestano gli investimenti portuali. Diceva Flaiano: “Non sono di sinistra perché non posso permettermelo”. Ma dove stiamo andando?
Anche a Manfredonia e Bari si contestano gli investimenti portuali. Diceva Flaiano: “Non sono di sinistra perché non posso permettermelo”. Ma dove stiamo andando?

Anche a Manfredonia e Bari si contestano gli investimenti portuali. Diceva Flaiano: “Non sono di sinistra perché non posso permettermelo”. Ma dove stiamo andando?

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BRINDISI – Diceva Flaiano con una battuta folgorante: “Non sono di sinistra perché non me lo posso permettere”. Ecco, non vorremmo che al posto di strappare un sorriso, questa affermazione non riveli drammaticamente la natura elitaria della nuova sinistra. Perché presi dalla fregola della “progressista” decarbonizzazione, il rischio è di lasciare indietro sempre più persone. La transizione deve essere equa, giusta, si dice. Ma continuando ad alzare le barricate contro tutto e tutti, si rischia di dover contare parecchie migliaia di morti e feriti.

Da che parte vogliamo andare? È ora di dirlo senza infingimenti. Le discussioni che stanno atterrendo la città di Brindisi non sono esclusiva di questo territorio. Solo oggi, osservando la rassegna stampa regionale, si possono apprezzare due notizie riguardanti veti rispetto all’annosa costruzione della colmata di Marisabella a Bari per la movimentazione delle merci e all’investimento della Seasif a Manfredonia.

Riguardo Marisabella, il Comitato Fronte del Porto in una nota dichiara: “L’opera di colmata consiste nella cementificazione di 300.000 metri quadri di mare nell’ansa di Marisabella che si aggiunge a quella realizzata alla fine degli anni 90 di 20 ettari per un totale di 50 ettari. Un’opera analoga non è riscontrabile in nessuna parte del mondo. Oggi la prima colmata è adibita a parcheggio Tir. L’ansa di Marisabella, in un’area che presenta anche una riserva naturale, si connota come un’area ad elevata fragilità idro-geologica per i rischi di innalzamento della falda essendo interessata dalla confluenza delle più importanti acque sotterranee provenienti dalla Murgia barese. La colmata è da anni avversata fortemente dal comitato di cittadini Fronte del Porto che con iniziative di sensibilizzazione, protesta e proposta, incluse azioni legali, ne ha evidenziato con il sostegno di esperti tutte le criticità relative al grave impatto ambientale per la città di Bari. […] Il 22 dicembre 2020 l’ANAC ha depositato la delibera n. 1088 che in 16 pagine ripercorre nel procedimento istruttorio problematiche che mettono in luce i gravi ritardi nella realizzazione della infelice colmata di cui si si rendono responsabili il Provveditorato Regionale alle Opere Pubbliche della Puglia e Basilicata, l’Autorità di Sistema Portuale del mare Adriatico Meridionale presieduto dall’ avv. Patroni Griffi e i vari Enti coinvolti a vario titolo nell’appalto a partire dalla Città Metropolitana di Bari e dalla Regione Puglia. Sebbene i gravi ritardi del cantiere rilevati dall’Autorità Nazionale Anticorruzione si spera allontanino la realizzazione di un’opera ambientalmente nociva, priva di Valutazione di Impatto Ambientale(VIA) per le inspiegabili decisioni prese dal Ministero dell’Ambiente nel 2006, appare stridente il comportamento carente e a dir poco distratto del Provveditorato alle OO.PP e Autorità Portuale nella gestione e nella vigilanza dell’opera, sia per quanto riguarda le azioni di monitoraggio da effettuarsi prima dell’opera, sia per l’affidamento di un delicatissimo appalto ad elevata professionalità ambientale ad un’impresa fallita e in concordato preventivo che vanta addirittura un incremento di oneri che si avvicina quasi al raddoppio dei costi dell’appalto aggiudicato per maggiori opere previste in variante. […] Il Comitato Fronte del Porto fa appello alla responsabilità e alla serietà dei soggetti pubblici affinchè ci si fermi in tempo nella cementificazione del mare di Marisabella apertamente incompatibile e nociva per l’ambiente, oggi anacronistica e fuori dal tempo, che meriterebbe ben altra destinazione e fruizione da parte della città, evitando di consumare un ennesimo e inutile pesante danno collettivo”.

Abbiamo già sentito qualcosa di simile a queste latitudini.

Riguardo Manfredonia, invece, è città molto similare a Brindisi, che ha conosciuto una forte industrializzazione e che di rimbalzo adesso si oppone agli investimenti che le si prospettano davanti (vedasi il referendum con il quale è stato bocciato il deposito di gpl targato Energas). Quello che vorrebbe fare la Seasif è assumere 200 lavoratori; utilizzare tre banchine e il nastro trasportatore per insediarvi due stabilimenti per la lavorazione della bentonite e dei polimetallici, un impianto di gnl e bunkeraggio e un impianto per la purificazione della CO2. Ma i Verdi di Manfredonia sono sul piede di guerra, perché tutto il mondo è paese, purtroppo o per fortuna. E allora giù con le accuse: “L’autorità di sistema Portuale e il suo presidente Patroni Griffi sta sponsorizzando un petroliere che non ha alcuna intenzione di innovare la sua impresa e che rimane ancora ancorata alle fonti fossili. Noi non siamo contro nuovi impianti produttivi ma ci aspettiamo che siano proiettati nel futuro e il metano rappresenta il presente. Il GNL (metano liquefatto) è una fonte di origine fossile a cui si dovrà continuare ad accedere per qualche decennio ma che, seguendo le indicazioni europee (70% di fonti rinnovabili entro il 2030), dovrà provenire anche dall’uso di biomasse: residui agricoli, forsu, fanghi da depurazione… e non potrà mai rappresentare la transizione ecologica necessaria a salvare il pianeta dal riscaldamento globale. Il futuro è nell’idrogeno, prodotto dalle celle elettrolitiche a partire da acqua ed alimentate da fonti rinnovabili che può essere mescolato già oggi al metano ed immesso nei gasdotti esistenti eliminando il problema della intermittenza delle fonti rinnovabili”.

A Manfredonia, dunque, il problema non è la location ma proprio il Gnl. O idrogeno o morte, insomma. E a tal proposito, proprio il Presidente dell’Authority Patroni Griffi alcuni giorni fa, sul suo profilo Facebook, spegneva gli entusiasmi rispetto a questa febbre da idrogeno, osservando: “Idrogeno. Sicuramente il futuro. Come carburante diretto tuttavia bisognerà attendere almeno una decina d’anni. All’inizio verrà utilizzato per produrre elettricità e soprattutto nel blending con il gas naturale. Blu: l’elettrolisi è alimentata da fonti tradizionali (non necessariamente inquinanti in quanto gli impianti più performanti segregano la CO2). Verde: è alimentata da fonti rinnovabili (connesso il tema della tutela del paesaggio per gli immensi parchi fotovoltaici/eolici necessari). C’è un aspetto di cui si parla poco, la produzione di idrogeno presuppone un enorme consumo di acqua (sottratta al altri scopi). Nove litri di acqua purificata per un kg di idrogeno. Negli Usa è stato stimato che serviranno 750 trilioni di litri. Dove la prendiamo? Non a caso tutti i più moderni impianti sono progettati sottobanchina al fine di sfruttare l’acqua di mare (problema desalinizzare l’acqua e connessi costi, collegata soluzione impianti che funzionano con l’acqua salata). Insomma come dicono gli economisti nessun pasto è gratis. Nemmeno l’idrogeno lo è”.

E di questo passo, il pasto lo avranno garantito ben pochi. Perché se ci si permette il lusso di rifiutare anche il Gnl come combustibile di transizione, allora forse l’ambientalismo più che una forma alta di lotta civile per ottenere il sacrosanto contemporamento tra salute e sviluppo, diventa la foglia di fico dietro la quale nascondere fanatismi che hanno poco a che vedere con l’essenza della sinistra. Perché la sinistra che è al governo a Brindisi è quella alla quale, come dice Flaiano, non possiamo permetterci di appartenere. Soprattutto in questa fase storica.