Home Editoriale Draghi ha rottamato i 5 Stelle ma Grillo lo nasconde ai suoi adepti
Draghi ha rottamato i 5 Stelle ma Grillo lo nasconde ai suoi adepti
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Draghi ha rottamato i 5 Stelle ma Grillo lo nasconde ai suoi adepti

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Oggettivamente per il M5S si tratta di uno schiaffo e contro-schiaffo, di una delegittimazione e bocciatura sonora, altro che continuità.

Franco e Garofoli sono stati i due tecnici più avversati, odiati dal Movimento, narrati al popolo come i tecnocrati del male da estirpare a tutti i costi. Draghi li ha voluti come suoi scudieri più fidati. Esiste messaggio più forte di questo?

E anche i segnali di discontinuità con Conte saranno chiari allorquando verrà riformulato il nuovo Recovery Fund. Nel frattempo, però, se ne possono apprezzare le prime avvisaglie: aver disarticolato i plenipotenziari di Conte, ovvero Fraccaro e Turco, ed aver scelto come terza figura più importante del suo governo proprio Colao, l’uomo umiliato nei fatti da Conte, non vi pare un comportamento concludente inequivocabile?

A chiudere il cerchio perfetto della delegittimazione delle politiche del M5S c’è il disarcionamento dei grillini dagli unici tre ministeri che li avevano visti sempre sul ponte di comando in questi 32 mesi.

Sostituire Bonafede con la Cartabia significa chiaramente, per quello che pensa e rappresenta l’ex presidente della Consulta costituzionale, bocciare l’idea giustizialista sulla prescrizione. Il Cartabia-pensiero, infatti, si esplicita così: “Che il processo debba avere una ragionevole durata è un principio di civiltà giuridica scritto nelle norme internazionali ed esplicitato nella Costituzione dal ’99”. Bonafede ha provato ad accorciare i tempi della giustizia con la proposta di irrigidire i tempi dell’indagine. Ma secondo la Cartabia questo si scontra con la “necessità di accuratezza delle prove e di garanzie per l’imputato”. Insomma, tutto molto chiaro sulla differente traiettoria che la Giustizia prenderà da ora in poi.

E viene difficile pensare anche che Draghi condivida la linea populista che ha partorito la strategia del Quota 100, del Reddito di cittadinanza e dei sussidi e ristori a pioggia, altrimenti avrebbe confermato i 5 Stelle a capo del dicastero del Lavoro che è stato di Di Maio prima e della Catalfo poi. Perché consegnarlo al PD? In fondo la continuità è stata garantita alla Sanità, alla Cultura, all’Interno. Perché non sono stati confermati Catalfo al Lavoro e Patuanelli allo Sviluppo Economico?

Già, il Mise, la pietra d’inciampo finale sulla quale si sta consumando il redde rationem all’interno del Movimento. Come deve interpretarsi infatti lo stralcio di quel dicastero dal super-ministero alla Transazione Ecologica al quale Grillo si è aggrappato per indorare la pillola ai figli ribelli che si ribellano all’ex padre ribelle? E come deve leggersi il fatto che quel Ministero non solo non è stato ricompreso in quello affidato all’ircocervo renziano-grillino Cingolani ma è stato addirittura consegnato al leghista Giorgetti, non proprio in linea con i grillini – ad esempio – sulla loro visione dell’Ilva come luogo da riconvertire in grande area divertimenti o sulla Tav?

Anche se Draghi non ha ancora parlato, ha già detto più di chiunque altro.