Home Editoriale Referendum giustizia, meglio non andare a votare per non creare nuove ingiustizie. Soluzioni in Parlamento
Referendum giustizia, meglio non andare a votare per non creare nuove ingiustizie. Soluzioni in Parlamento
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Referendum giustizia, meglio non andare a votare per non creare nuove ingiustizie. Soluzioni in Parlamento

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Meglio un innocente in carcere o cento colpevoli liberi? È la domanda dalle 100 pistole che ricorre quotidianamente e, a seconda del periodo storico che vive il Paese, si decide di pigiare o alzare il piede dal freno. Non possiamo fare a meno delle misure preventive, tutto sta nel capire come calibrarle. Se la titolare di un chiosco viene costretta a chiudere perché l’anziano e invalido (al 75%) coniuge nel duemila era un mafioso e perché costui (che secondo l’ufficio di esecuzione penale esterna ha reciso i legami con la criminalità organizzata) è stato visto in compagnia di due ambigui figuri residenti in Lombardia (che però non riportano condanne per reati di stampo mafioso), ciò è da ritenersi giusto? Deve prevalere la discrezionale valutazione prognostica delle prefetture ad ogni costo? Deve prevalere anche quando si scioglie un Comune senza che vi sia neppure una indagine in corso?

Stesso dilemma riguarda alcuni dei quesiti referendari che ci accingiamo a votare. Indubbiamente quello sulla legge Severino e quello sull’applicabilità delle misure cautelari toccano la carne viva degli italiani. È corretto che un amministratore pubblico venga sospeso dopo una condanna in primo grado per il fumoso reato di abuso d’ufficio, per esempio? Probabilmente no. Ma siamo in Italia e una (necessaria) modifica parlamentare della legge Severino (mai arrivata) è stata trasposta in un quesito referendario la cui approvazione aprirebbe la strada a tanti politici che sguazzano nella zona grigia (per le condanne più gravi scatta in automatico l’interdizione perpetua, a prescindere dalla Severino; almeno questo). La politica (come il Csm), purtroppo, è incapace di autoregolamentarsi e quindi i partiti, avendone la possibilità, candiderebbero anche Matteo Messina Denaro per raggiungere i loro scopi o perché infiltrati o perché prevale la legge del più prepotente. Si aprirebbe insomma una voragine piuttosto pericolosa.

Passando poi all’altro quesito sulle misure cautelari, anche qui non bisogna prendersi in giro: l’operato di tanti magistrati non fa stare tranquilli e la casistica di innocenti finiti ai domiciliari o in carcere è troppo ampia. Ma anche qui il quesito referendario rischia di buttare il bambino con l’acqua sporca perché eliminare il criterio del rischio della reiterazione del reato potrebbe comportare la non applicabilità delle misure cautelari a tanti criminali che non operano con violenza e che pertanto, nelle more del processo e delle sentenze, resterebbero pericolosamente liberi di agire e magari reiterare o completare i loro disegni criminosi. Tra l’altro appare riduttivo abrogare solo il criterio del rischio di reiterazione, perché i p.m. utilizzano spesso anche il criterio del rischio di inquinamento delle prove per anticipare la pena o mettere indebita pressione. E i gip troppe poche volte hanno il coraggio di disattendere le richieste dei magistrati inquirenti.

Per questi motivi ritengo inopportuno andare a votare per tali quesiti referendari, perché gli aspetti positivi e negativi si elidono, andando a creare nuove ingiustizie. Meglio interventi chirurgici in Parlamento. Ad avercene uno all’altezza.