Home Editoriale La primavera di Brindisi, diventata città della legalità. E della moralità che tutto annulla
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La primavera di Brindisi, diventata città della legalità. E della moralità che tutto annulla

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BRINDISI – Da anni le cronache regionali e nazionali non riportano notizie squalificanti per la comunità brindisina. Sui media locali non compare da tempo neppure mezza notizia di cronaca giudiziaria che veda coinvolta la classe politica locale. Eppure da queste parti avevamo imparato a introiettare un sillogismo conclamato: politico = corrotto. Se non proprio: = criminale. È un fatto: non casuale, forse normale per altre realtà, straordinario per Brindisi. Ci si sta abituando a questa normalità nella città perennemente inquinata da affarismo figlio – e qui ha ragione Rossi – della grande industrializzazione. Ma anche della grande criminalità organizzata, dell’enorme fenomeno del contrabbando. Sono tanti i frutti avvelenati di questa terra.

Non va mai dimenticato, però, che  il piacevole velo di normalità che sta ammantando la città rappresenta l’eccezione. Non è la regola. Attenti allora ad abbassare la guardia e prestarsi ad operazioni di rimozione collettiva della memoria. La storia è maestra di vita, e la storia degli ultimi decenni di questa città è ancora lì, acquattata pazientemente dietro la porta, pronta a tornare prepotentemente. E la storia non può essere solo quella scritta nelle sentenze. È anche quella che viene fuori dalle istruttorie processuali, quella delle cattive gestioni amministrative, delle scelte ambigue, degli ammiccamenti inopportuni alle mele merce. È quella che hanno raccontato per anni i media e che si è raccontata nelle strade, nei bar di questa città.

E la tentazione di abbassare la soglia dell’accettazione sociale di tali deprecabili pratiche è tanto più alta perché questa Amministrazione, nonostante quanto detto in premessa, ha deluso, ha indispettito. Sì, ha fallito, dissipando il capitale d’investimento emotivo della parte sana della città. E peggio ancora: ha diviso.

Probabilmente finirà come nel film L’Ora Legale, in cui i cittadini, stufi dei politici corrotti, votano per un sindaco onesto, che ripristina la legalità e che per questo verrà cacciato a furor di popolo, aprendo la strada alla restaurazione. Ma a Brindisi non accadrà perché non piace la legalità. Accadrà perché la città non è cambiata. E accadrà perché si è fatta una gravissima confusione tra legalità e moralità: la prima quasi oggettiva, la seconda sicuramente soggettiva. Ebbene, troppe volte in questi anni si è voluta piegare la legalità al sentiment morale di pochi. Una moralità che non è la stessa percepita dalla città. Le priorità di chi governa non sembrano in sintonia con quelle della pancia della città. E adesso non sembrano neppure in linea con quelle dei partner di coalizione di Rossi e del suo movimento. O di quelle di qualche dirigente.

Anche perché dovrebbe far parte della moralità anche l’onestà intellettuale, che scarseggia assai. Ecco allora che la città non ha tanto mal digerito il ripristino della legalità, quanto l’imposizione di una legalità spesso fin troppo soggettiva, applicata capoticamente e raccontata in maniera inaccettabile, illegibile, indisponente. Una idea fanatica di città che allontana investitori, e forse anche il futuro, fossilizzati come siamo sull’eterno dilemma tra l’uovo e la gallina. Facendoceli sfuggire entrambi.

È mancato il senso della politica, è mancata l’empatia, è mancata la sincerità. Non si è colto il tempo: in un’Europa, in un Paese che getta in mare le zavorre per non affondare, che prova disperatamente a sburocratizzare e favorire la transizione, a Brindisi ci si ritrova intrappolati in una iperlegalità controproducente e probabilmente anche portatrice di ingiustizie.

E comunque Pietrammare, la città de L’Ora Legale, era diventata pulita. Brindisi è ancora parecchio sporca. E questa è l’immagine plastica del fallimento della politica.